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5.5/10

Il primo pensiero che viene in mente di fronte alle immagini di “A Different Man" è la relazione tematica che il soggetto del film (la deformità fisica e, in particolare, quella facciale) intrattiene con grandi capolavori del cinema statunitense come, giusto per fare qualche esempio, “Freaks” (1932) di Todd Browning, o “The Elephant Man” (1980) di David Lynch.

Tuttavia, basta la visione dei minuti iniziali del film per capire che si situa su toni più leggeri rispetto alle due pellicole sopra citate: “A Different Man” non costituisce quindi una denuncia delle condizioni di vita di coloro che soffrono di queste patologie o un testo drammatico che intenda portare lo spettatore a simpatizzare per i protagonisti. Al contrario, delinea la storia del protagonista senza eccede in una raffigurazione eccessivamente melodrammatica e presentando la sua esistenza con uno sguardo neutro e distaccato.

Il tema della deformità facciale e le problematiche che i portatori di questa patologia devono affrontare si trova già al centro del secondo film di Aaron Schimberg, “Chained for life” (2019), tanto da costituire una sorta di firma autoriale embrionale del regista. Dunque, questi intende certamente rendere visibile tali tematiche, ma preferisce farlo incentrando il racconto sulla contrapposizione fra interiorità ed esteriorità, oltre che sul tema della maschera.

Quest’ultimo concetto è legato a quello dell’identità, sancita dal ruolo che viene svolto nella vita e nella società intese come recita. L’identità è quindi definita dalla maschera che l’individuo sceglie di indossare nel grande palcoscenico del mondo. Nel momento in cui Edward riesce guarire dai tumori che gli hanno deturpato il viso, può liberarsi dalla maschera che gli era stata assegnata dalla sorte e intraprende immediatamente una nuova vita, libero dai “lacci” che lo avevano condizionato precedentemente.

La perdita dell’identità precedente derivata dall’abbandono della maschera, sancita dalla finta morte di Edward e dal cambio del nome, è seguita dal tentativo di ritornare alla vita passata: il protagonista seduce la donna che lo aveva respinto e desidera interpretare il vecchio se stesso in un ruolo teatrale basato sulla sua identità precedente. “A Different Man” segue dunque le orme de “Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello e ne riprende le tematiche centrali, tuttavia esemplificandole in modo semplicistico e letterale. Infatti, la maschera è davvero tale: non è solo un simbolo delle convenzioni sociali ma viene fisicamente indossata dal protagonista, sia quando è costituita dai tumori facciali, sia applicando sul proprio viso una protesi fatta di gomma raffigurante il viso precedente alla terapia medica.

Anche il fatto che l’identità precedente viene (ri)assunta sul palco teatrale costituisce un’esemplificazione eccessiva del concetto alla base del film: la vita è una grande recita in cui tutti vestiamo una maschera. Dunque, il progetto e l’idea alla base del lungometraggio sono interessanti ma la realizzazione è fin troppo didascalica e non lascia spazio a nessuna vera interpretazione che non sia quella spiattellata e iper-esibita dal regista.

Dalla contrapposizione fra i due attori, portatori di personalità divergenti (Edward è tanto introverso e timido, quanto espansivo ed esuberante è Oswald) deriva il secondo concetto su cui si costruisce il film: la contrapposizione fra interiorità ed esteriorità. Anche in questo caso, si tratta di una trasposizione letterale del tema, che viene materializzato dai due protagonisti: mentre Oswald vive la sua vita pienamente, infischiandosene del proprio aspetto e relazionandosi al prossimo in modo vivo ed entusiasta, Edward invece si è liberato dalla malattia che gli deturpava il viso ma la sua personalità rimane la stessa di prima. L’attore che lo interpreta, Sebastian Stan, fornisce una performance eccellente perché iscrive nei movimenti incerti e nella postura goffa del suo personaggio queste caratteristiche della sua personalità (l’introversione e la timidezza) che permangono nonostante il cambio dei connotati. Il messaggio che ne consegue è purtroppo tanto banale quanto il modo meccanico e didascalico con cui è mostrato: l’interiorità è più importante dell’aspetto.

“A Different Man” è quindi un film interessante ma viziato da un’eccessiva semplicità simbolica e concettuale, oltre che esibita allo spettatore in modo forzato, motivi per i quali finisce per risultare elementare e didascalico. 


22/03/2025

Cast e credits

cast:
Sebastian Stan, Renate Reinsve, Adam Pearson


regia:
Aaron Schimberg


distribuzione:
Lucky Red


durata:
112'


produzione:
A24, Killer Films, Grand Motel Films


sceneggiatura:
Aaron Schimberg


fotografia:
Wyatt Garfield


scenografie:
Anna Kathleen


montaggio:
Taylor Levy


costumi:
Stacey Berman


musiche:
Umberto Smerilli


Trama
Edward è affetto da neurofibromatosi di tipo 1, una malattia che provoca la crescita di tumori benigni sul tessuto nervoso. La deformità del suo volto ha condizionato la sua intera esistenza, ma una svolta radicale compare all'orizzonte tramite un miracoloso trattamento medico in grado di guarirlo.