Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
7.5/10

Dopo "Perfidia" (2014) e "Ovunque proteggimi" (2018), Bonifacio Angius ci riporta nel mondo degli umili e degli emarginati con un’opera claustrofobica, a tratti disturbante, ma coraggiosa. I paesaggi assolati, le atmosfere mediterranee, i colori e i sapori all’aria aperta cui tanta cinematografia sulla Sardegna ci hanno abituato si intravedono solo in apertura e in due fuggevoli flashback, e cedono il passo a un’ambientazione in interni, domestica, familiare, ma da cui la famiglia è esclusa.

 I personaggi sono cinque, uno dei quali è anche voce narrante. Dopo un breve preambolo di quest’ultima su quanta distanza intercorra tra le promesse e i fatti, ovvero su quanto le menzogne costituiscano il pane quotidiano delle relazioni umane, i cinque si ritrovano in un’abitazione e consumano alcool e droghe fino all’irreparabile. All’esterno della porta sulla quale, alla fine del film, insiste la macchina da presa, tutto il mondo sembra essere rimasto tagliato fuori, e con esso anche una possibile redenzione dei cinque protagonisti. All’interno della magione di un moderno Decameron in tempi di Covid, nel quale non luccica il ben che minimo barlume di speranza, i protagonisti dialogano o, a tratti, sarebbe più corretto dire monologano. La macchina da presa è soprattutto fissa, impietosa, inchioda lo sguardo dello spettatore a una realtà dalla quale si vorrebbe fuggire anche più dei personaggi. Qualche dettaglio ricorda il "Pulp Fiction" (1994) di Quentin Tarantino, ma a venire in mente sono soprattutto le inquadrature di "Miss Violence" (2013), di "Dogtooth" (2009) e di tanta cinematografia distopica. Le vite dei cinque sono raccontate attraverso brevi flashback mnemonici che hanno per filo rosso l’incomprensione, la solitudine, l’ineluttabilità della propria sorte. Le frasi sono a tratti sconnesse e si sostanziano di relazioni affettive troncate con la violenza, di contesti sociali ai margini della legalità, di vite a perdere, insomma. La notte diventa poi la cornice temporale per le confessioni più amare, per le recriminazioni più accese, per gli sfoghi più intimi. E per dare più peso alle parole, un po’ come nella parte conclusiva di "Apocalypse Now" (1979) la macchina da presa si avvicina ai volti seminascosti nell’oscurità. È allora che uno dei protagonisti pronuncia parole fatali: "…ora so cosa fare!".

Il film di Angius non è né un’apologia sull’uso di sostanze psicotrope né tantomeno una sgangherata vicenda di bassifondi dal sapore ipponatteo, ma è cinema vero che dà voce a chi non ha il coraggio di uscire en plein air a gridare il proprio disagio, esattamente come uno dei protagonisti che le urla le lancia dalla finestra, senza circostanziarle, senza motivarle. Senza un prima e senza un dopo, perché tanto la gente non capirebbe. Quando il più giovane della brigata, tra il cinico e lo scanzonato, cerca di convincerne un altro (che singhiozza) del fatto che tutto ciò che ha visto accadere davanti suoi occhi è in realtà un prodotto della fantasia, vorremmo credergli e ci aspettiamo che qualcuno si desti da un incubo.

Bonifacio Angius ci porta lungo il tortuoso crinale che separa la compassione dall’esecrazione, l’empatia dal disgusto, e ci lascia la libertà di decidere. E questo non è poco in tempi di trame filmiche prevedibili o tesi scontate. I cinque sono tanto più grandi quanto incomprensibili nella loro solitudine. Proprio come i giganti di Monte Prama (ecco la ragione del titolo), statue in pietra il cui ritrovamento, per non provocare tra gli studiosi un terremoto che metteva in discussione molte acquisizioni allora consolidate in fatto di archeologia, era stato in un certo senso fatto passare sotto silenzio. Allo stesso modo anche il film, più che darci delle risposte, ci interroga se di fronte a determinate realtà sia opportuno girare la testa da un’altra parte. I Giganti è una pellicola dalla solida sceneggiatura, che mantiene quanto promette e lo fa con poche sbavature. Le affermazioni che si sentono con la voice off in apertura ritornano nella conclusione, chiudendo un cerchio. O una ellisse. Fate voi.      


21/10/2021

Cast e credits

cast:
Stefano Manco, Riccardo Bombagi, Michele Manca, Stefano Deffenu, Bonifacio Angius


regia:
Bonifacio Angius


durata:
78'


produzione:
Bonifacio Angius


sceneggiatura:
Bonifacio Angius


fotografia:
Bonifacio Angius


scenografie:
Salvatore Angius, Luca Noce


montaggio:
Bonifacio Angius


costumi:
Eugenio Accadi


musiche:
Luigi Frassetto


Trama

Cinque amici trascorrono un’intera giornata abbandonandosi all’alcool, alle droghe, e danno libero corso alle parole, ai pensieri. Un corso troppo libero perché la reunion non abbia esiti fatali.