Ondacinema

recensione di Eugenio Radin
6.5/10

A 11 anni di distanza dalla sua ultima apparizione e dopo 26 anni dalla sua prima comparsa sul grande schermo, la maschera di Ghostface torna a terrorizzare la cittadina di Woodsboro e a trucidarne gli sventurati abitanti. In questi undici anni il panorama horror è cambiato, con l'affermazione di nuovi nomi sulla scena: da Ary Aster a Jordan Peele, da Robert Eggers a David Robert Mitchell. Registi diversi tra loro, ma orientati tutti verso un cinema apparentemente più colto e riflessivo e sicuramente più autoriale.
I grandi slasher-movie del passato sono ormai appannaggio di una ristretta cerchia di amanti del genere e di nostalgici.
Per gli adolescenti dell'immaginaria Woodsboro, così come per quelli del resto del mondo, "Babadook" è un riferimento più vivo di "Venerdì 13" e i grandi capolavori del passato, come "Halloween" o "Non aprite quella porta" sono conosciuti solo tramite i loro più recenti remake, spesso di pessima qualità.

L'ultimo capitolo della saga di "Scream" si pone dunque, già dal titolo, come un prodotto a metà tra il sequel (che porta avanti le vicende dei capitoli precedenti) e il reboot (che riavvia, partendo da zero, un prodotto giunto ormai al suo esaurimento). È un requel: assieme punto di partenza e punto di ripresa, continuazione e nuovo inizio: da un lato rilancia un prodotto del passato, alla ricerca di un pubblico nuovo, dall'altro si riaggancia alle vicende note per attirare gli storici amanti della saga, iniziata dal grande Wes Craven nell'ormai lontano 1996.
Ma chi conosce "Scream" sa che non può essere tutto qui: come da buona tradizione, anche quest'ultimo capitolo racchiude infatti un sottotesto che ne stravolge il significato e ne rivela la vera natura: quella del testo metalinguistico, che per sua stessa natura riflette se stesso: come la mano di Escher, come il teatro di Pirandello, il film ha come oggetto la sua stessa struttura; il suo contenuto è una myse en abyme dove il significato è in verità una riflessione sul significante.
"Scream" infatti, non è mai stato un semplice slasher, ma una riflessione stessa sulle dinamiche del genere horror, per approfondire la quale rimandiamo alla nostra pietra miliare dedicata a questo cult-movie.

Tale aspetto metalinguistico si era mantenuto in tutti e quattro i precedenti episodi. Se il primo "Scream" è uno slasher che parla degli slasher, "Scream 2" è un sequel che riflette sui sequel. Con "Scream 3" si parodizza il concetto stesso di trilogia e "Scream 4" (uscito a diversi anni di distanza dai precedenti) diventa una riflessione sulle saghe cinematografiche e il loro franchising.
Il nuovo capitolo si pone sulla stessa lunghezza d'onda dei predecessori, tematizzando il concetto stesso di requel, parodizzando i tentativi di riportare sul grande schermo i prodotti storici del passato (come avvenuto con la saga di "Star Wars" o più recentemente con "Matrix Resurrections").
La stessa operazione di reboot condotta a livello produttivo, viene duqnue rappresentata a livello diegetico. Qui, alcuni adolescenti si trovano a ripercorrere quasi pedissequamente i fatti terribili vissuti dai protagonisti del primo "Scream", ai quali essi stessi sono fatalmente legati da rapporti di sangue (e mai espressione fu più azzeccata!).

Da un lato dunque, il film si trasforma in un grande deja-vù: dalla scena d'apertura, che riprende il celebre incipit in cui la giovane Casey Becker riceveva la telefonata del killer psicopatico; fino al massacro finale, che si svolge nella stessa casa nella quale la giovane Sidney Prescott affrontava i suoi persecutori. Da questo punto di vista Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett (che sostituiscono Craven dietro alla mdp) giocano con i fan, citando costantemente l'originale e richiamando pari pari alcune inquadrature (la ragazza sola in casa che, nel rispondere all'assassino, accarezza i coltelli della cucina), ma al contempo ammodernano il tutto, per adattarlo al pubblico più giovane (al telefono fisso si sostituisce lo smartphone, al posto di "Venerdì 13" si cita "Babadook").

Dall'altro lato gli autori sovvertono le regole del reboot, anticipando le intuizioni dello spettatore e tradendole di continuo. Il tradimento si consuma su almeno tre livelli.
Anzitutto sul piano narrativo, dove spesso la storia non va nella direzione in cui ci si aspetta (sin dalla scena iniziale dove la giovane protagonista sopravvive al triste destino che nel primo film spettava a Casey Becker). In secondo luogo sul piano stilistico, dove i registi sono bravissimi nel giocare con le aspettative del pubblico, abituato a un cinema fatto di salti sulla sedia continui. I due cineasti si dimostrano abili nel costruire dei falsi jump-scare, dove lo spettatore è costantemente sulle spine, in attesa di uno spavento catartico che non arriva e che dunque non permette di sfogare la tensione.
L'orrore non è dato soltanto dalla violenza fisica e splatter (che comunque non manca ed è anzi piuttosto presente), ma soprattutto dal non detto, dal non visto, dal non dato.
Infine, il film tradisce le stesse regole che da un requel ci si aspetterebbe e che gli stessi protagonisti si aspettano. Esso ci mostra ancora una volta come non siano i linguaggi, i codici determinati, a condizionare la realtà, ma come la realtà stessa sia spesso un evento noumenico e inconoscibile, capace di scardinare le aspettative e le regole di qualsiasi langue, di qualsiasi struttura. Così i protagonisti infrangono e sopravvivono continuamente agli schemi prestabiliti e finiscono invece per perire di fronte al dogmatismo e ai formalismi narrativi.

Certo, il film, per quanto godibile, non è esente da difetti: i dialoghi, curati dalla bella penna di James Vanderbilt, non raggiungono comunque la brillantezza, il ritmo e la genialità delle sceneggiature di Kevin Williamson (qui confinato al ruolo di soggettista e di produttore esecutivo). Le citazioni sono a volte un po' troppo meccaniche, i personaggi appiattiti, le battute poco efficaci.
Inoltre - non per incapacità del duo registico, quanto per impossibilità di paragone - si sente, ahinoi, la mancanza della macchina da presa di Craven e della sua capacità tecnica, che pone questo ultimo capitolo su un livello sicuramente più basso rispetto ai suoi antecedenti.
Così, quell'ultimo fotogramma con la dedica "A Wes", non può che riempire il cuore di affetto e di nostalgia e ricordarci quanto "Scream" ti deve, quanto l'horror ti deve, quanto tutti noi ti dobbiamo, caro Wes.


17/01/2022

Cast e credits

cast:
Neve Campbell, David Arquette, Courteney Cox, Melissa Barrera, Jenna Ortega, Marley Shelton, Dylan Minnette, Jack Quaid, Mikey Madison


regia:
Tyler Gillett, Matt Bettinelli-Olpin


distribuzione:
Eagle Pictures, Paramount Pictures


durata:
114'


produzione:
Paramount Pictures Radio Silence Productions, Project X Entertainment, Outerbanks Entertainment, Spy


sceneggiatura:
James Vanderbilt, Guy Busick


fotografia:
Brett Jutkiewicz


montaggio:
Michel Aller


musiche:
Brian Tyler


Trama
A più di dieci anni di distanza dall'ultimo massacro, la maschera di Ghostface torna a terrorizzare la cittadina di Woodsboro. Chi si nasconderà questa volta dietro agli efferati delitti all'arma bianca? La storia prosegue o torna piuttosto alle sue sanguinose origini?