Ondacinema

recensione di Emanuele Richetti
7.5/10
Evidenziare i tratti straordinari che rendono il cinema di Noah Baumbach così importante non è un'impresa semplice. Si può riconoscere tuttavia, nella sua filmografia, la capacità non comune di analizzare la natura contraddittoria dei propri personaggi e di ricreare, con facilità disarmante, le quotidiane vicissitudini che ognuno di noi si trova a fronteggiare nel corso della sua esistenza. Al di là di ogni possibile sovrainterpretazione, la qualità più grande dei film di Baumbach è proprio quella di saper riprodurre i sottili moti dell'animo umano con una delicatezza che appartiene solo ai grandi narratori della contemporaneità. E, forse prima di ogni altra cosa, Baumbach è proprio questo: uno dei narratori migliori della classe media americana che la stessa America abbia partorito negli ultimi anni; ed è questa probabilmente anche la differenza più evidente con l'opera di Wes Anderson - il cui nome finisce sempre con l'accostarsi a quello dell'amico -, il quale invece cerca di eludere la realtà, creando mondi immaginari e surreali (si pensi all'esemplare "Grand Budapest Hotel"). "Il calamaro e la balena" nasce proprio l'indomani la collaborazione tra i due per la sceneggiatura delle "Avventure acquatiche di Steve Zissou" - forse il più ingiustamente sottostimato dei film di Anderson - e ben prima della seconda collaborazione per "Fantastic Mr. Fox" (pellicola d'animazione in stop motion, tra le vette più alte di tutto il cinema di Anderson).

Per comprendere l'eccezionale dote di scrutatore dell'animo umano di Baumbach, basta prendere la scena che apre questo quarto lungometraggio dell'autore di Brooklyn, e non a caso posta all'inizio del film: una partita di tennis nella famiglia Berkman che vede schierati il padre Bernard (Jeff Daniels) e il figlio maggiore Walt (Jesse Eisenberg) contro la madre, Joan (Laura Linney), e il figlio più piccolo, Frank (Owen Kline). Questa divisione del nucleo familiare - apertamente suggerita dalla rete del campo da tennis - già annuncia quelli che saranno i rapporti all'interno dello stesso focolare domestico: Bernard, narcisista professore di letteratura con un passato da scrittore di successo, e Walt, adolescente ancora fortemente influenzato dalla pesante ombra paterna, sono infatti ormai lontani da Joan, la cui indole distanziante ha finito con l'alienarla proprio dai maschi più grandi della famiglia. Frank invece sembra essere, al contrario del fratello, molto meno sottoposto all'influsso della figura paterna ("Io non voglio essere come papà", rivelerà poi alla madre); probabilmente per la predilezione che Bernard manifesta verso Walt. In questo splendido segmento iniziale, i caratteri dei personaggi vengono delineati con poche semplici "battute", così come le fratture che intercorrono tra loro: la competitività e l'egocentrismo di Bernard; il fascino che egli esercita su Walt; le difese che Frank assume nei confronti di Joan; l'impossibilità di una serena e pacifica vita familiare. Perché "Il calamaro e la balena" è questo: un imparziale e profondo ritratto del disfacimento di un nucleo familiare, con le relative conseguenze e implicazioni; e reso ancora più efficace dall'autobiografismo alla base del racconto (Baumbach in persona dovette passare per una situazione molto simile).

Non ci sono tesi da sostenere, nessun manicheismo di sorta: a ogni qualità dei personaggi si affianca un difetto di non minore importanza, un problema, una difficoltà. La complessità del reale non viene mai semplificata nella messa in scena e ognuno, con il proseguire della storia - pur nella propria evoluzione - mostra un lato di sé più intimo, nascosto, affinché si abbia la più esaustiva coscienza dei contrasti che albergano nella mente dei protagonisti. La malinconia che fuoriesce da ogni singolo fotogramma è caratteristica del registro tragicomico di Baumbach; e se in "Frances Ha" - a oggi ancora il suo capolavoro - essa veniva esplicitata da quel bianco e nero direttamente di derivazione alleniana, nel "Calamaro e la balena" (o in "Greenberg", il suo film più sottovalutato), essa risiede tutta nella sostanziale incomprensibilità delle relazioni umane, nell'impossibilità di una psicologicamente stabile rete di affetti interpersonali. Non sorprende che questo autore, dal respiro così europeo e di ispirazione francese (vengono infatti citati "Il ragazzo selvaggio" di Truffaut, "La Maman et la Putain" di Eustache e "Fino all'ultimo respiro" di Godard) sia stato selezionato per il concorso della 70° edizione del Festival di Cannes.

Gli unici limiti del film sorgono quando il sottile equilibrio tra commedia e dramma si incrina a causa di qualche scelta narrativa un po' forzata e di qualche situazione stereotipata, di un paio di personaggi secondari non così approfonditi e complessi come quelli principali e di un focus forse eccessivo sui personaggi maschili (ma la filmografia di Baumbach non tarderà a riscattare quelli femminili, soprattutto con l'incontro della musa Greta Gerwig). Dettagli, in confronto alla grande ambiguità di questo affresco dove il gioco al massacro si affianca alla compassione verso ogni parvenza di sentimento umano. La crisi della famiglia borghese e intellettuale, e anzi la sua demistificazione; le incertezze e le difficoltà nel percorso di crescita adolescenziale (Jesse Eisenberg, alter ego dell'autore, non riesce a sbarazzarsi delle ingombranti figure maschili, siano esse il padre o Roger Waters); il tentativo di ricostruzione della propria vita dopo la fine di un rapporto: tutti temi che con naturalezza affiorano alla superficie della scrittura stratificata del "Calamaro e la balena", senza che appaiano come studiati meccanismi atti a guadagnarsi le attenzioni del pubblico. Nella grande arte, è infatti grazie alla naturalezza e all'allusività del narrato che ogni interrogativo riesce ad imprimersi nella riflessione dello spettatore.

Nel cinema di Baumbach non si può poi evitare di citare due componenti fondamentali, quali sono le interpretazioni e le musiche. Avvalendosi di un montaggio che lavora sotto traccia e alterna con continuità impressionante momenti comici e drammatici, le musiche rivestono un ruolo preziosissimo come parte integrante delle varie personalità, come elemento caratterizzante i gusti - e dunque i caratteri - dei protagonisti. "Hey You" dei Pink Floyd, leitmotiv della pellicola, con il suo tono malinconico e intimo, perfettamente accompagna non solo la crescita di Walt, ma quella di tutti i personaggi del lungometraggio. E "Il calamaro e la balena" si avvale di attori in stato di grazia (come spesso accade quando dietro la macchina da presa si trova un abile regista): Daniels e Eisenberg, soprattutto, perfettamente rendono il tormento e la problematicità della loro relazione.

Sono queste le coordinate attraverso cui avvicinarsi al quarto lavoro di uno dei talenti più interessanti del panorama cinematografico contemporaneo. Così, tra dialoghi fulminanti, dettagli significativi lasciati sullo sfondo - da cogliere solo a una più attenta visione - e silenzi che occupano gli spazi lasciati dalle parole, si giunge alla fine: alla fuga verso i fantasmi del proprio passato, lasciando per un momento da parte quelli del presente. Il processo di formazione dei protagonisti occupa un ruolo centrale nell'opera di Baumbach e quello del "Calamaro e la balena" è - forse insieme a quello di "Frances Ha" - il finale che meglio conclude questo percorso: per superare le avversità e i problemi dell'Io, è necessario trovarsi faccia a faccia con i traumi del proprio passato. Per guardare sotto una nuova luce non solo il proprio passato, ma anche le persone che ci circondano e, in definitiva, pure noi stessi.

19/04/2017

Cast e credits

cast:
Jeff Daniels, Laura Linney, Jesse Eisenberg, Owen Kline, William Baldwin, Anna Paquin, Halley Feiffer


regia:
Noah Baumbach


titolo originale:
The Squid and the Whale


distribuzione:
Sony Pictures Releasing


durata:
81'


produzione:
American Empirical Pictures, Peter Newman/Interal Productions, Ambush Entertainment


sceneggiatura:
Noah Baumbach


fotografia:
Robert D. Yeoman


scenografie:
Anne Ross


montaggio:
Tim Streeto


costumi:
Amy Westcott


musiche:
Britta Phillips, Dean Wareham


Trama

Bernard (Jeff Daniels), ex romanziere di successo, e sua moglie Joan (Laura Linney), un’intraprendente scrittrice, hanno deciso di mettere fine al loro matrimonio. I due figli, Walt (Jesse Eisenberg), di 16 anni, e Frank (Owen Kline), di 12, sono in balia di sentimenti contrastanti e confusi. La loro esperienza si rivela un tenero, divertente e commovente passaggio all’età adulta per Walt e un prematuro e tortuoso percorso di formazione per Frank. Le tensioni emotive e le difficoltà che emergono durante questo complesso periodo danno vita a un ritratto di gruppo ricco di sfumature in un film che rappresenta con rara maestria la realtà di una famiglia che tenta di ritrovare se stessa