Ondacinema

recensione di Diego Capuano
5.5/10

Il documentario cinematografico è stato protagonista nel corso dei primi anni 2000 di una diffusione globale che giunse forse inaspettata. Non più forma artistica e comunicativa destinata a un pubblico elitario – o meglio, semplicemente attento – ma mezzo che con le sue illimitate possibilità fornisce a filmmaker giovani o meno l’opportunità di esprimere idee, concetti. O di spacciare per tali fumosi ibridi. Non a caso il celebre Sundance Film Festival può vantare una sezione documentaristica di importanza pari a quella destinata ai film di finzione. E non a caso il suddetto Festival ha donato i natali al britannico Bart Layton: lì debuttò il suo primo lungometraggio, "L’impostore – The Imposter", ancora ascrivibile ad una forma documentaristica. E lì ebbe il suo debutto la sua opera seconda, "American Animals", che come documentario si presenta, per poi tradire le aspettative e approdare presto ad una diversa forma.

Alla base del lavoro di Layton vi è il tentativo di manipolare la realtà e, volontariamente scoperte le carte, ribaltare la fiction. Senza scomodare le teorie affabulatorie ma critiche di un Orson Welles ("F come falso – Verità e menzogna", 1973), si può evidenziare la volontà di molto cinema (o serie tv) di finzione – soprattutto statunitense e di matrice indie (si direbbe da Sundance, per l’appunto) – di sposare metodologie proprie del documentario. False interviste, digitale poco pulito, pseudo-improvvisazioni: procedimenti non più circoscritti al classico mockumentary ma sempre più visibili in grandi produzioni.
"American Animals" mette in scena Spencer Reinhard, Warren Lipka, Eric Borsuk, Chas Allen. Davanti alla macchina da presa, siedono e raccontano le loro vicessitudini. Sono i veri protagonisti di una storia riguardante un prezioso (e quindi remunerativo) libro custodito dalla biblioteca della Transylvania University, quasi del tutto priva di misure di sicurezza. Uno di quei racconti che sembrano provenire dritti da un heist movie d’ordinanza. Layton sottolinea il passaggio tra la finzione e la realtà mediante una sequenza che vede uno dei protagonisti al trucco, con l’intento di assumere sembianze da rispettabile signore anziano. La componente puramente documentaristica viene dunque ben presto messa da parte, sebbene  non pienamente gettata alle spalle: qua e là tornano i volti e le voci dei reali protagonisti della vicenda. E però senza un vero perché, che sia pure esso di carattere rafforzativo: quasi come se il regista avesse timore di staccarsi definitivamente dalle sue origini, capaci peraltro di produrre un’opera prima abile nella costruzione di un thriller documentaristico, inquietante proprio nell’equivocità con la quale sfuggiva alla definizione di genere.
La narrazione attraversa e rispetta codici regolarmente collaudati del genere "colpo grosso", rilanciato sul grande schermo dal divistico "Ocean’s Eleven" di Steven Soderbergh (2001), con tanto di sequel e coevi prodotti indipendenti: l’idea, la formazione di un gruppo, generalmente composto da caratteri agli antipodi destinati ad entrare in combutta, l’attuazione del piano, le incertezze sul da farsi, il furto, riuscito o meno, le conseguenze.

Ambientato nel 2003 in Kentucky, e tranne che per trascurabili differenze rispettando dunque i dati della reale cronostoria, "American Animals" evidenzia le falle degli Stati Uniti post-11 settembre, ove le istituzioni crollano come castelli di sabbia, emblematicamente messi sotto scacco da un collettivo insospettabile, i classici ragazzi bianchi della porta accanto, studenti e provenienti da rispettabili famiglie. Una metafora che abbiamo visto tante volte nel recente cinema americano e qui inglobata in una vicenda bizzarra, costruita con perizia e discreto ritmo, almeno fino al momento della rapina stessa: citazioni ovvie ma non moleste ("Le iene", "Quei bravi ragazzi"), ricostruzione e confezione di buona fattura, calzante colonna sonora composta da brani non certo inediti nell’immaginario popolare (c’è anche "A Little Less Conversation" di Elvis Presley), facce giuste di attori appassionati (ma Barry Keoghan è superiore ai suoi colleghi di almeno una spanna). Che finisce però con il perdere qualche colpo quando si avvicina il momento del colpo: vittima di isterismi giovanilistici, di mancata sintesi e dimostrazione che rappresentare con adeguata suspense il momento topico di una rapina è mestiere per pochi registi.
Niente più e niente meno di un piacevole divertissement, accettabile heist movie contemporaneo, ma deludente se setacciato con gli intenti teorici premessi: "This is not based on a true story. This is a true story", recita una iniziale didascalia. In tal senso il discorso sul vero e il falso è soffocato.


08/06/2019

Cast e credits

cast:
Evan Peters, Barry Keoghan, Jared Abrahamson, Blake Jenner, Ann Dowd


regia:
Bart Layton


titolo originale:
American Animals


distribuzione:
Teodora Film


durata:
116'


produzione:
AI Film, Film4, Raw Productions


sceneggiatura:
Bart Layton


fotografia:
Ole Bratt Birkeland


scenografie:
Scott Dougan


montaggio:
Nick Fenton, Julian Hart


costumi:
Jenny Eagan


musiche:
Anne Nikitin


Trama
Spencer e Warren, due amici cresciuti a Lexington, nel Kentucky, studiano all’università locale ma vogliono dare una svolta alla loro vita e per farlo sono prontia tutto. Il loro obiettivo diventa rubare un rarissimo libro antico, che malgrado l’enorme valore viene custodito nella biblioteca universitaria senza particolari misure di sicurezza. Reclutati altri due compagni, il contabile Eric e lo sportivo Chas, iniziano a programmare il colpo fino agli ultimi dettagli, mali attende una serie di rocamboleschi imprevisti.