Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
8.0/10

Quando nel pre-finale di "Graveyard of Honor" di Miike Takashi il protagonista si copriva con la bandiera del Giappone non c'era una semplice connotazione irriverente: lo yakuza Ishimatsu (l'animalesco Goro Kishitani) si elevava a metafora di un periodo che, nella competitività cieca del capitalismo della società giapponese, bruciando tutte le tappe della ricchezza e del potere, finiva per implodere. Come fa presente il critico Tom Mes, il remake miikiano della pellicola di culto del 1975 sposta il tempo in cui si muove il protagonista: Fukasaku raccontava la generazione sradicata del dopo-guerra, mentre gli anni del secondo "Graveyard of Honor" sono quelli che preparano all'esplosione della bolla economica nel 1991. Un paio di anni dopo agivano Gen Sekine e sua moglie Hiroko Kazama, che verranno accusati e condannati a morte per aver avvelenato e smembrato i corpi di quattro clienti.

E' da questi fatti, noti come "Saitama serial murders of dog lovers", che prende spunto "Cold Fish", l'ultima fatica del regista di "Love Exposure". Una schermata dagli intermittenti colori pop ci avverte infatti che il film è basato su una storia realmente accaduta. Prima di arrivare al titolo della pellicola, dobbiamo passare dal prologo che ci introduce i personaggi protagonisti: nella prima scena troviamo la quotidianità di una cena in famiglia, le cui tensioni sono tratteggiate dal montaggio sincopato. Il signor Shamoto ha casa sul retro del proprio negozio di pesci tropicali e abita con la giovane seconda moglie, Taeko, e la figlia Mitsuko, adolescente ribelle, la quale non fa in tempo a finire di mangiare che scappa via col ragazzo. Poco dopo arriva una telefonata da un centro commerciale nel quale Mitsuko è stata fermata dal direttore, perché sorpresa a taccheggiare. Qui appare il signor Murata, un uomo ciarliero e gioviale che dissuade il direttore dal denunciare la ragazza e invita la famiglia nel suo negozio. Anche lui vende pesci, ma il suo Amazon Gold è il numero uno nel settore: predica il sorriso e il divertimento sul posto di lavoro e cerca subito di creare un rapporto con gli Shamoto, invitando Mitsuko a lavorare per lui, cosicché possa tenersi lontana dai guai. E' la sera del 9 gennaio 2009, e il film segue questi personaggi per sole 3 settimane.

La traduzione internazionale di "Tsumetai Nettaigyo" in "cold fish" intende non solo il pasto dell'alligatore, ma anche la temperatura emotiva, fredda e insensibile, del pesce. Quello che primariamente interessa a Sono non è tanto il thriller sull'omicida seriale ma piuttosto il coacervo di pulsioni che lo muovono e la forza virulenta con la quale contamina in breve tempo il mite Shamoto. Infatti, sin dalle prime immagini, la sua macchina da presa indugia sulle espressioni amichevoli ed esuberanti dell'istrionico Denden; così da poterle ribaltare in negativo nelle sequenze del giorno dopo, quando la figura di Murata comincia a rivelare platealmente la sua vena perversa: abile manipolatore, sembra aver squadrato perfettamente la situazione familiare di Shamoto; ne seduce la moglie, la quale poi insiste anche col marito affinché accetti di andare a parlare con Murata di un eventuale affare insieme. In quest'occasione Murata è definitivamente inquadrato come maschera ridente dell'assassino sociopatico, aiutato da quella che fino a quel momento sembrava la svampita consorte, che è invece una psicopatica masochista. Assistere passivamente alla scena gore, in cui il cadavere della vittima della coppia omicida viene sventrato, così da facilitarne l'occultamento, lavoro fatto con la tranquillità di una pratica collaudata, è per il piccolo e pavido Shamoto il battesimo del/nel sangue, dal quale lentamente fuoriuscirà con una nuova concezione di sé e della vita.

Di certo la parabola dell'uomo mite che esplode in un rantolo di inaudita violenza non è molto originale e già la locandina sembra omaggiare quella di "Cane di paglia" di Peckinpah; dal canto suo, la narrazione conduce il percorso inverso a un altro dei titoli più rappresentativi di questo filone, ovvero "A History Of Violence": l'opera di Cronenberg faceva ri-emergere il mostro che si era nascosto tra le mura della famigliola felice dell'American dream, mentre Sion Sono afferma, a partire dalla stessa metafora ittica del pesce più grande che si nutre del pesce più piccolo (scena osservata dal protagonista durante una delle sue visite nell'Amazon), lo stato di cannibalismo spietato a cui è giunta la società giapponese. L'autore è inarrestabile nel descrivere la grottesca traiettoria dell'apprendistato all'indifferente feralità di Murata: i long take sembrano assolvere al compito di includere in maniera sempre più vicina l'osservatore, renderlo partecipe delle sequenze più frenetiche e cruente con un uso ben bilanciato della camera a mano, insieme al commento musicale di Tomohide Harada che tambureggia in sottofondo.

La cellula prima che Sono fa esplodere è quella della famiglia, come sempre primo luogo di morbose violenze e di sopraffazione (si veda a tal proposito "Visitor Q" del già citato Miike): per smembrare i corpi, Murata torna nella casa dell'odiato padre, probabile invasato religioso (l'ha riempita di crocifissi e di statue della Madonna), costituendo una vera e propria liturgia di morte (all'inizio c'è l'accensione dei ceri) e instaura con Shamoto un rapporto didattico nel quale vuole dimostrare il fondo di malvagità presente anche in lui, uomo vile e inetto che si nasconde dietro scontate convenzioni sociali. Nel ripetersi di alcune azioni (si pensi al pranzo e alla cena in apertura e in chiusura del film) si può notare l'intensità degli sguardi e delle microespressioni dell'interpretazione di Mitsuru Fukikoshi nel ruolo di Shamoto: nel doppio faccia a faccia sul ponte sopra il fiume tiene testa all'esplosività di Denden in una magnifica progressione rabbiosa. Menzione d'onore, nel ménage à trois attoriale, alla folle Aiko di Asuka Kurosawa, già musa dello Tsukamoto di "A Snake Of June".

Shamoto, una volta macchiatosi di sangue, diventa un'inarrestabile macchina di morte che si sostituisce al padre putativo per continuare, come in un riflesso incondizionato, il dogma della "vita come dolore" e, pertanto, invivibile. La realtà contemporanea vista dagli occhi di Sono in "Cold Fish" non conserva traccia di umanità, sopprimendo nella brutalità della legge del più forte ogni gesto d'affetto e subordinando ogni emozione all'ebbrezza della cieca violenza.


21/08/2011

Cast e credits

cast:
Mitsuru Fukikoshi, Denden , Asuka Kurosawa, Hikari Kajiwara, Megumi Kagurazaka, Tetsu Watanabe


regia:
Sion Sono


titolo originale:
Tsumetai nettaigyo


durata:
144'


sceneggiatura:
Sion Sono; Yoshiki Takahashi


fotografia:
Shinya Kimura


montaggio:
Jun'ichi Itô


costumi:
Satoe Araki


musiche:
Tomohide Harada


Trama
Shamoto gestisce un negozio di pesci tropicali. La seconda moglie, Taeko, non va d'accordo con la figliastra Mitsuko. Un giorno, sorpresa a compiere un furto in un supermercato, Mitsuko viene salvata dal signor Murata, un uomo che svolge la stessa professione del padre e che le offrirà di lavorare con lui. Mitsuko e Taeko si affezionano sempre di più a Murata, che ha un ottimo fiuto per gli affari, e finisce man mano per prendere il posto di Shamoto. Ma l'uomo si rivela essere un pericoloso serial killer, e trascinerà la famiglia in un vortice di orrore...
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