Ondacinema

recensione di Carlo Cerofolini
7.0/10

Impossibile parlare de "I Peccatori" senza allargare il discorso al rapporto artistico e personale che unisce Ryan Coogler e Michael B. Jordan fin dagli inizi delle rispettive carriere. Ed è proprio dove tutto è cominciato, sul set e con la storia raccontata in "Prossima fermata Fruitvale Station", che vale la pena soffermarsi per ricostruire le mosse di un connubio che seppur con l'importanza data al tornaconto economico mostra da sempre le stimmate attribuite al cinema d'autore.

L'ultimo giorno di vita di Oscar Grant, ucciso senza motivo dalla polizia californiana, oltre alla capacità di coniugare il sentimento alla realtà dei fatti, altro non era che la messa in scena di una morte iniqua e ingiusta, simile per ragioni e modalità alle tante sofferte dalla popolazione nera americana nel corso dei secoli. Una postura, questa, che Coogler e Jordan si sono preoccupati fin da subito di capovolgere proponendo da lì in poi trame e personaggi che di fatto smettevano di considerare gli afroamericani come vittime sacrificali proponendone un'immagine di segno opposto. Se in "Fruitvale Station" l'indignazione militante era stato lo strumento adatto per reclamare l'attenzione dei selezionatori di un festival come il Sundance di Robert Redford, da sempre affine alle tematiche sociali, così non succede nei titoli seguenti, quelli in cui Coogler e Jordan si fanno carico di un'esigenza di rivalsa sempre più sentita all'interno della propria comunità, attraverso una "vendetta" che si traduce in un'invasione di campo dell'immaginario (cinematografico) comune: nella saga dedicata al figlio di Apollo Creed operando un passaggio di consegne che fa del di lui figlio la versione nera di Rocky Balboa; nei due "Black Panther" proponendo una nuova estetica del film di supereroi in cui la regalità del protagonista e dei suoi sudditi diventava il modello dominante capace di subordinare a sé tutti gli altri, anche attraverso la proposta di un divismo in cui gli attori afroamericani spiccavano sui più noti colleghi anglossassoni.

Bruciando le tappe di quello che è stato a partire dagli anni Ottanta il modello di riferimento per tutto il cinema afroamericano, Coogler ha fatto sua la lezione di Spike Lee, a suo tempo fautore di un'emancipazione sociale e culturale fatta non solo di contrapposizione militante ma anche di occupazione di spazi produttivi ritenuti impossibili da praticare. Nato come regista indipendente Coogler è riuscito a contestualizzare la visione della Settima arte all'interno di un contesto privilegiato e super-sponsorizzato, portandosi dietro quelle che erano le proprie prerogative d'autore, presenti sotto mentite spoglie dietro i canoni del cinema di genere in cui il nostro si è oramai specializzato.

La lunga premessa era doverosa quanto indispensabile per introdurre un film come "I peccatori" che di quanto è stato detto fin qui è lo specchio all'ennesima potenza non solo per la scelta di raddoppiare la presenza sullo schermo dell'attore feticcio, facendo interpretare a Jordan i gemelli Elijah e Elias "Stack" Moore, veterani della Prima guerra mondiale ed ex bad guys di Al Capone decisi a mettersi in proprio investendo i soldi illecitamente guadagnati in un locale notturno nel Delta del Mississippi. Detto che a un certo punto i nostri per vie tutt'altro che traverse si ritroveranno minacciati da una gang di vampiri intenzionati ad "assoldarli" nelle loro file, il cuore del film non è tanto la commistione di generi organizzata dal regista, abile nel passare dal gangster movie al western, dal film di vampiri al revenge movie (tra i nemici figura anche l'immancabile Ku Kux Klan) in cui, per un momento, Michael B. Jordan muscolare e armato fino al collo sembra fare il verso a John Rambo. Piuttosto è interessante il modo in cui Coogler sporca la patina da blockbuster hollywoodiano con sudori, umori e ansimi, spostando "I peccatori" in una dimensione memore della blaxploitation, almeno per gli espliciti riferimenti sessuali e per la libertà di attribuire ai protagonisti e ai loro accoliti, in maniera smaccata e persino ridondante, una decadenza dei costumi e una licenziosità di norma ad appannaggio della classe dominante, per non dire della violenza elevata a livelli da Grand Guignol.

Ryan Coogler lo fa senza dimenticare gli elementi della sua poetica e dunque praticando la contrapposizione razziale (i vampiri sono inevitabilmente bianchi come pure gli altri consimili, tutti membri del KKK) e, come altre volte, regalando a Jordan un ruolo attivo per capacità difensiva e, soprattutto, per una predominanza imposta secondo la legge del più forte. Una tendenza confermata anche sul piano produttivo quando relega in parti secondarie interpreti affermati del cinema mainstream. Qui succede con Hailee Steinfeld, solitamente abituata a figurare in ruoli di prima fila e qui destinata a fare da contorno rispetto al centro dell'azione.


05/05/2025

Cast e credits

cast:
Michael B. Jordan, Hailee Steinfeld, Wunmi Mosaku, Delroy Lindo


regia:
Ryan Coogler


titolo originale:
Sinners


distribuzione:
Warner Bros. Italia


durata:
137'


produzione:
Warner Bros.


sceneggiatura:
Ryan Coogler


fotografia:
Autumn Durald


scenografie:
Hannah Beachler


montaggio:
Michael P Shawver


costumi:
Ruth E Carter


musiche:
Ludwig Göransson


Trama
Nel Delta del Mississipi due fratelli si ritrovano ad affrontate una gang di vampiri decisi ad arruolarli nelle loro file