drammatico, thriller, fantascienza | Canada/Francia (2024)
Technology is body, body is technology.
David Cronenberg
Un'autopsia interiore
Lo spunto di "The Shrouds - Segreti sepolti" è dichiaratamente autobiografico, come di rado era capitato nella più che cinquantennale carriera di David Cronenberg. Al pari del protagonista (che funge da vero e proprio alter ego), il regista ha perso la moglie dopo 43 anni di vita (e di lavoro) insieme. Il lutto, avvenuto nel 2017, lascia Cronenberg prostrato, tanto che oggi ammette che non pensava sarebbe mai più tornato dietro la macchina da presa. Alla fine, invece, proprio l'elaborazione del lutto diventa l'impulso per la galassia di idee e suggestioni che il film mette in scena.
In "The Shrouds" Karsh (Vincent Cassel) patisce ancora lo strazio per la morte della moglie Becca (Diane Kruger), avvenuta quattro anni prima. Si è fatto un nome realizzando video industriale ma ha riconvertito il proprio core business sui cimiteri: la sua società si chiama GraveTech e la chiave è la creazione di particolari sudari hi-tech che permettono, tramite un'applicazione, di vedere in tempo reale cosa accade dentro la tomba, sottoterra. Un'impresa di nicchia ma in espansione, che Karsh prevede di esportare in Islanda e in Ungheria sennonché, una notte, il suo cimitero viene vandalizzato e il sistema di monitoraggio hackerato. Karsh, supportato dal cognato programmatore Maury (Guy Pearce), inizia a indagare comprendendo di trovarsi di fronte a un enigma investigativo ma scegliendo di non denunciare il reato alle autorità per non danneggiare l'immagine della propria azienda. Cominciano ad affacciarsi una serie di sospetti su intrighi politici e che riguardano sia il coinvolgimento cinese nella messa a punto della sofisticata tecnologia dei teli funebri, sia le cure speciali a cui era stata sottoposta la Becca e che per Terry, sorella molto somigliante della defunta (sempre interpretata da Kruger), paranoica e complottista, era stata sfruttata come una cavia da laboratorio.
Cronenberg intreccia le parole con un gusto e un'intelligenza narrativa vicini alla letteratura postmoderna da lui amata (difficile non pensare a Don DeLillo e, in parte, a Thomas Pynchon) senza pedanterie ed evitando la ridondanza che talvolta grava sui registi che pretendono di essere anche scrittori. Il pensiero cronenberghiano, la speculazione intellettuale sul mondo che ci circonda è però un ragionamento per immagini espresso attraverso il rigore della messa in scena. L'esito è la costruzione di un doppio binario dove detto e mostrato si divaricano ampliando l'orizzonte di senso e la polisemia delle immagini va depositandosi su molteplici strati. È un dono proprio dei maestri, certo, ma è anche un'occasione sempre più rara di confrontarsi attivamente con il testo filmico, in una produzione cinematografica sempre più asfittica e anodina. Se il precedente "Crimes Of The Future" rappresentava il ritorno a temi antichi per un esame autoptico del proprio cinema sviscerandone le ossessioni per testarne la resistenza nell'agone della contemporaneità, "The Shrouds" è una discesa autocosciente dentro la propria anima, un confronto coi fantasmi di una vita e con l'ultimo tabù della civiltà occidentale, quello della morte (passando per la malattia). Karsh è intrappolato nel proprio lutto, nel sogno-incubo di partecipare, lui ancora vivo, alla decomposizione del corpo della moglie. Placa la sofferenza controllando queste salme esposte allo sguardo altrui, valicando i limiti dell'etica e della biologia del tempo umano: ciononostante, permane lo struggimento per una condizione, quella del lutto, che non può essere curata, così come resta irreversibile il passaggio di stato dalla vita alla morte. L'ultimo ritrovato tecnico-scientifico di un film di Cronenberg dischiude all'inquietante ipotesi che una rete cimiteriale possa essere sfruttata per monitorare i vivi in un complotto internazionale privo di centro e di orizzonte in termini politici, agganciato però alle suggestioni cerebrali dei personaggi. Terry, Maury e Karsh si lanciano nel turbine cospirativo riscoprendo l'impulso erotico, il richiamo del corpo: una gelida ironia che sconfina nella satira è il contrappunto narrativo di un'opera al fondo umanista. Tramite uno "sguardo medico", Cronenberg imbastisce una fenomenologia della percezione analizzando le infinite possibilità di penetrazione e osservazione dell'alta tecnologia: essa mostra in tempo reale la decomposizione corporea, sostituendosi all'oggetto stesso e, quasi per osmosi, contagia la realtà sociale e politica, più interconnessa, sfuggente e incomprensibile.
Il sudario
Karsh, sovvenzionato da un partner cinese, è l'inventore di teli funebri che avvolgono le salme scansionanandole come in una una TAC. L'esito è un'immagine macabra, speculare alle cere anatomiche del museo scientifico "La Specola" di Firenze che Cronenberg ha usato nel cortometraggio "Quattro donne mai amate, alla deriva su un mare senza scopo, sperimentano l'estasi della dissezione": nel corto la fantasia di Cronenberg è stata catturata dalla scelta stilistica di produrre "figure intere parzialmente dissezionate, il cui linguaggio corporeo ed espressione facciale non mostrassero sofferenza o agonia e non suggerissero l'idea di torture, punizioni o interventi chirurgici", finendo "col produrre personaggi viventi apparentemente travolti dall'estasi"1. Se in "Quattro donne…" Cronenberg osservava la vitalità simil-erotica di quei simulacri, in "The Shrouds" il cadavere non appare vivo ma viene fotografato l'inarrestabile processo di disgregazione, raffigurando il dato materico: un'architettura osseo-scheletrica, dove la muscolatura, l'apparato circolatorio, gli organi, gli strati della pelle sono destinati al disfacimento.
Karsh, rispetto ad altri grandi protagonisti cronenberghiani, non è però un manipolatore di corpi, almeno non direttamente perché - come rimarca Terry - sui corpi ci ha comunque costruito una carriera. L'uomo è piuttosto interessato a guardarne una riproduzione digitale: la scansione fornita dalla shroud-cam permette di osservare i corpi tramite un'inquadratura grandangolare, ma anche di ruotare e zoomare, di conservare delle immagini in showreel che appaiono astratti memento mori.
Cronenberg ragiona, per mezzo di strumenti hi-tech, sul senso delle immagini, interrogandosi circa le motivazioni che ci spingono a produrle e a guardarle; com'è noto, "l'immagine nasce, costitutivamente, insieme all'esperienza della morte e alla sua presa di coscienza da parte dell'essere umano"2. "The Shrouds" aggiorna dunque la riflessione sull'ontologia dell'immagine fotografica di André Bazin secondo il quale "fissare artificialmente le apparenze carnali dell'essere vuol dire strapparlo al flusso della durata: ricondurlo alla vita", in modo tale da "salvare l'essere mediante l'apparenza"3: quello che era per Bazin il "complesso della mummia" viene rielaborato in senso opposto da Cronenberg in una inedita forma di tanatoprassi.
Il voyeurismo di Karsh è dettato da una spinta viscerale che lo attrae verso la tomba della moglie, che ha accanto una fossa che lo attende. Quando chiude gli occhi, il protagonista vede Becca, vi interagisce, scoprendo dettagli sepolti nella memoria: la sua elaborazione del lutto è un'infinita discesa nell'oscurità che lo sta logorando. Nel prologo, tramite un movimento della macchina da presa (prima in avanti, poi indietro), l'inquadratura stringe sulla bocca spalancata, urlante di Karsh per poi rivelare allo spettatore che non si trova dentro una cripta a guardare il cadavere della defunta ma sul lettino del dentista. Dentista che sentenzia: "Il lutto fa marcire i denti", poiché nota come la dentatura dell'uomo stia perdendo densità. Questo dettaglio secondario è rivelatore della dissoluzione fisica da cui è attratto Karsh, il quale ha perso l'unico corpo per cui nutriva interesse e amore; confesserà a Terry, la cognata così somigliante alla consorte, che lui ha vissuto solo in quel corpo, che per lui rappresentava lo scopo e il fine del mondo. Senza la bussola offerta da quel corpo, l'uomo è disorientato e, pertanto, perduta la possibilità di un contatto fisico reale, il protagonista evita accuratamente di osservare direttamente il cadavere, rifiutandosi di assistere alla riesumazione e di sottoporre la salma a un'autopsia (per esaminare delle strane formazioni sulle ossa). Karsh non vuole vedere quel corpo, perché esso galleggia nella sua coscienza quale immagine, in cui l'illusione di prossimità tracima nell'allucinazione, come d'altra parte appare la serie di sogni in cui compare Becca: ambientati nel medesimo set (la camera da letto), la presenza della donna è figurativamente liminare (in ogni sogno rientra dalla porta), sempre nuda così da mostrare le mutazioni dovute al progredire della malattia, i pezzi mancanti, le cicatrici chirurgiche, tutti però segni di una vitalità ancora integra e di un erotismo ancora presente. In questo atto di sublime necrofilia che è "The Shrouds", la tanatoprassi cronenberghiana prevede di sostituire la morte nella sua evidenza fisica con una riproduzione simulacrale che consente un'osservazione clinica, impossibile all'occhio umano. Non sono immagini consolatrici che regalano l'illusione di un prolungamento della vita, bensì immagini che prolungano all'infinito la presenza di un corpo morto nella realtà, un corpo sottoposto a un'asimmetria in quanto non può né vedere né muoversi, se non tramite la definizione digitale della tecnologia e, pertanto, subisce soltanto tali azioni da parte dell'osservatore. La "società disciplinare" teorizzata da Michel Foucault giunge a un nuovo stadio della sua evoluzione: disciplinare la morte o, forse, disciplinare i vivi attraverso i morti.
Karsh, al pari di un regista, modella la forma del proprio universo, un universo composto da schermi e intelligenze artificiali che generano e riproducono immagini di una realtà criptata, che si rivela presto hackerabile e manipolabile. Così, le immagini virtuali e digitali compiono il destino prefigurato da Jacques Derrida a proposito delle immagini televisive, a cui si riferiva come spettrografie, e lo "spettro" è un termine legato a "simulacro" (se torniamo all'etimo latino, il suo significato può essere "ombra, fantasma"): "lo spettro è prima di tutto qualcosa di visibile. Ma è del visibile invisibile, la visibilità di un corpo che non è presente in carne e ossa"4. Fino a raggiungere l'iperrealtà teorizzata da Jean Baudrillard secondo il quale viviamo in un mondo "in cui la suprema funzione del segno è quella di far scomparire la realtà e di mascherare nel contempo questa scomparsa".5
[Attenzione, seguono spoiler]
L'avatar
Maury programma per Karsh un'intelligenza artificiale con un avatar vagamente somigliante a Becca (doppiata da Kruger), che si chiama Hunny. Hunny però potrebbe non essere autonoma ma eterodiretta, un pupazzo nelle mani di qualcun altro che desidera carpire informazioni da Karsh o addirittura manipolarlo e depistarlo. In diverse scene Hunny e Karsh dialogano amabilmente, poiché l'intelligenza artificiale approssima le funzioni di una segretaria ubiqua e senza orari e, in quanto tale, è anche piuttosto intraprendente per portare a termine i compiti assegnati. L'insistito inserimento di schermi ulteriori in numerose sequenze origina una rilocazione interna delle immagini mediate da altri dispositivi: Karsh parla con l'intelligenza artificiale, fa videochiamate, segue il percorso inserito nella sua Tesla (che può guidare da sola), vede filmati e documentari che presentano un possibile investitore. Solo Olivier Assayas, tra i venerati maestri, è stato finora così acuto nell'incorporazione dei nuovi device nel suo cinema. Qual è la questione posta dalla moltiplicazione di schermi, dal brulichio di immagini che surrettiziamente colonizzano l'inconscio del protagonista? Che non possiamo fidarci né delle immagini, né delle informazioni da esse fornite, che presenza e assenza possono corrispondere in piani alternativi di realtà.
Ci sono almeno due elementi cinematografici eccezionali in quest'opera asciuttissima, priva di qualsivoglia istinto esornativo: la suddetta naturalezza con cui vengono incorporati schermi secondari, come monitor, smartphone e Ipad, e l'abilità nel coprire i dialoghi (fedele alla sua ultima mutazione, anche il lavoro presente è parlato fino alla verbosità). Per le sequenze dialogiche Cronenberg ricorre all'usuale campo-controcampo che alterna sapientemente col piano a due e col piano fisso in campo medio, sfruttando alcuni classici principi di composizione dell'inquadratura: in particolare, adopera lo spazio della scena seguendo quasi sempre la "regola dei terzi" per cui la figura umana è posta all'interno di 1/3 del quadro mentre i 2/3 sono campi vuoti (o posseggono elementi profilmici secondari), in modo tale da concretare l'idea di un fuori campo che preme sui personaggi o quantomeno della più ampia ma invisibile realtà circostante. L'insieme è ipnotico e seduttivo e la catena audiovisiva è straordinariamente densa nella sua disadorna fissità. Una scena cruciale inquadra Karsh (sulla destra) con indosso il sudario, mentre sulla sinistra, su un monitor, compare Hunny che domanda al proprio datore di lavoro cosa stia facendo e ricordandogli come quei teli funebri non siano stati pensati per essere indossati dai viventi. È un dialogo tra un corpo reale e uno virtuale, ma la scena è montata stratificando e sovrapponendo le immagini del corpo reale di Karsh con la sua riproduzione digitale mediata dalla shroud-cam in una tensione verso la smaterializzazione. Karsh è fisicamente lì e, al contempo, è stato già stato scansionato e trasposto in un altro stato, astratto dalla materia organica.
In una battuta Terry invita Karsh a dissotterrare la sua tomba accanto a Becca, poiché la shroud-cam ha rilevato la presenza del cadavere di un terzo incomodo. La cospirazione, che sottintendeva uno scontro tra servizi segreti russi e cinesi apparentemente risolta nel delirio paranoico di un personaggio, viene rilanciata sia come intrigo internazionale sia come bieca vendetta privata. L'unico modo per dirimere tali dubbi sarebbe scavare e vedere con i propri occhi, ma Karsh si rifiuta poiché preferisce la realtà simulacrale creata dalle immagini della tecnologia da lui inventata. Se "l'illusione è una distorsione della percezione, l'allucinazione è una patologica percezione priva di oggetto"6 e Karsh si lascia cullare dall'illusione di controllare le proprie immagini che s'intreccia alla paranoia cospirativa che infine lo contagia. La cospirazione, così come l'adrenalina dell'incidente in "Crash" (1996) e le cicatrici chirurgiche, rappresenta una nuova "zona erogena", una scarica di elettrico erotismo. Karsh non è davvero interessato a comprendere la realtà o a sciogliere la matassa investigativa, ma a individuare una strategia per sopravvivere e la più sicura è il ritorno al contatto fisico. Smarrito quello della moglie, Karsh cerca in Terry il suo doppio hitchcockiano e in Soo-min un'alternativa, una donna che non vede (ma prevede) e che desidera toccarlo. Anche lei, alla fine, si tramuterà in un avatar di Becca e il viaggio aereo che entrambi intraprendono resta sospeso tra delirio e allucinazione poiché, una volta staccatisi da terra, nessuna meta può dirsi certa, nessun corpo è necessariamente reale.
1 Cfr. Cere anatomiche: La Specola di Firenze | David Cronenberg
2 A. Pinotti e A. Somaini, Cultura visuale. Immagini sguardi media dispositivi, Einaudi, Torino 2016, p. 235.
3 A. Bazin, Che cos'è il cinema?, Garzanti, Milano 1999, p. 3.
4 Cfr. J. Derrida e B. Stiegler, Ecografie della televisione, Cortina, Milano 1997.
5 J. Baudrillard, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Cortina, Milano 1996, p. 9.
6 A. Pinotti e A. Somaini, op. cit., p. 51.
cast:
Vincent Cassel, Diane Kruger, Guy Pearce, Sandrine Holt, Elizabeth Saunders, Jeff Yung
regia:
David Cronenberg
titolo originale:
The Shrouds
distribuzione:
Europictures, Adler Entertainment
durata:
119'
produzione:
SBS Productions, Prospero Pictures, Saint Laurent Productions
sceneggiatura:
David Cronenberg
fotografia:
Douglas Koch
scenografie:
Carol Spier
montaggio:
Christopher Donaldson
costumi:
Anne Dixon
musiche:
Howard Shore