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La serie che ha raccontato un presente/futuro distopico in cui la tecnologia diviene talmente pervasiva e onnipresente da stravolgere la psiche umana. Un memorabile affresco sul disagio collettivo nei confronti del mondo moderno

Ci sono serie tv che hanno funzione di puro intrattenimento e volano via velocemente dalla memoria per essere soppiantate rapidamente da una serie successiva. Ce ne sono altre che invece entrano prepotentemente nell'immaginario collettivo e, nonostante il passare degli anni, rimangono sempre lì saldamente ancorate nella mente. "Black Mirror" ha aperto gli anni Dieci dettando le nuove regole della fantascienza moderna, diventando quello che era stata "The Twilight Zone" (in italiano "Ai confini della realtà") per la generazione del dopoguerra. Non a caso il creatore di "Black Mirror", Charlie Brooker, indica proprio "The Twilight Zone", insieme a "Hammer House Of Horror", come influenza fondamentale per il suo progetto.
"The Twilight Zone" non era più una fantascienza tra astronavi e galassie lontane, totalmente sganciata dalla vita quotidiana e ridotta a mera distrazione intellettuale, bensì una indagine psicologica che esplorava le vite possibili di ogni singolo uomo contemporaneo posto di fronte, contro la sua volontà, a situazioni incredibili che andavano oltre la comprensione possibile dei cinque sensi. "Black Mirror" ha rappresentato qualcosa di simile in una società completamente diversa, ponendo l'attenzione sull'uomo contemporaneo alle prese con le nuove frontiere che l'avanzamento tecnologico illimitato pone inevitabilmente di fronte alla sua vita. Un mondo ipertecnologico dove tutti sono immersi come pesci nell'acqua e dove non vi è alcuna possibilità di fuga. Se le storie di "Twilight Zone" erano degli incubi isolati dalla realtà, appunto ai confini della realtà, il mondo di "Black Mirror" è una gabbia d'acciaio perfettamente configurata e inespugnabile, se non proprio aderente alla realtà, almeno coerente con una sua versione verosimile, oggi presente solo allo stadio embrionale. Protagonista e vittima coincidono in quanto entrambi immersi nell'epoca della più rapida evoluzione tecnologica che sia mai esistita: quella di Internet, dell'avvento dei social network e della possibilità della fusione delle macchine con la mente umana.
La serie di Charlie Brooker obbliga lo spettatore a immaginare le estreme conseguenze delle azioni imposte ogni giorno dalla società, dall'uso dello smartphone alla violenza delle interazioni umane dei social media, elementi che fanno già parte della nostra vita quotidiana. Portando ogni aspetto della modernità e della tecnologia al suo limite estremo, "Black Mirror" non può che avvicinarsi alla fantascienza distopica, andando a esplorare gli aspetti più nefasti del futuro iper-virtuale. Costruendo di episodio in episodio una sorta di Ubiquitous Computing di matrice Gibson-iana (in particolare "Neuromancer" del 1984) perfettamente credibile e per questo angosciante.

Il debito di Black Mirror nei confronti della letteratura e del cinema cyber-punk è in effetti ingente, specie dal punto di vista del suo sostrato ideologico, che condivide con autori come Gibson o Dick, ma anche con "Matrix": una visione del futuro cupa, in cui la tecnologia avrà preso il sopravvento sull'umanità. La serie di Brooker si distanzia però dal cyber-punk dal punto di vista estetico: la cupezza lascia infatti il posto a una fotografia patinata e solare che rispecchia i gusti della generazione Netflix (dove la serie è sbarcata a partire dalla terza stagione, segnando un netto stacco estetico con le prime due prodotte da Channel Four) e di una modernità tanto sorridente e solare nella sua facciata quanto tormentata e inquieta nel suo lato nascosto dietro sgargianti foto profilo e abiti alla moda.
Nelle numerose puntate non c'è mai spazio per l'ottimismo: l'avanzare della tecnologia, e il conseguente allontanamento dalla natura e dalla realtà, producono quasi esclusivamente effetti negativi nella vita quotidiana. Esiste un'eccezione in "San Junipero", unica puntata che dona all'umanità una speranza nel futuro, seppur sempre inquietante.
Il tempo della serie non è un futuro lontanissimo e irriconoscibile, bensì vicinissimo, quasi un futuro-presente in cui ogni storia potrebbe potenzialmente realizzarsi in pochissimi anni. Questo è uno degli elementi che rende le puntate così angoscianti e realistiche.

È grosso modo possibile dividere le puntate in quattro categorie in base alle tecnologie presenti. Nella prima categoria vengono esaminate tecnologie presenti anche oggi nella società, come i social network, gli smartphone e i siti d'informazione più pervasivi. In questa categoria spiccano senz'altro "The National Anthem" e "The Waldo Moment", che inducono a riflettere sul rischio dei social, di YouTube e della volubilità del pensiero della massa (con conseguente imbarbarimento del dibattito politico), svelando una democrazia moderna sempre più fragile di fronte alla pervasività di questi strumenti.
Nella seconda categoria vi sono tecnologie presenti nella società ma che in "Black Mirror" sono andate avanti sino a livelli di evoluzione che potranno essere reali tra almeno dieci o venti anni, ad esempio i videogame in realtà virtuale. Gli episodi principali di questa categoria sono "Playtest" o "Striking Vipers".
La terza categoria vede la presenza di tecnologie lontanissime dall'essere realizzate, ma alla portata delle generazioni successive con l'avanzare esponenziale delle scoperte scientifiche, come nel caso degli impianti collegati al sistema nervoso centrale. Sono tantissime le puntate dedicate a questa tecnologia, tra queste "The Entire History Of You", con la possibilità di registrare (e ahimè rivedere) l'intera vita di una persona con tutte le estreme conseguenze, e "Nosedive", esempio riuscitissimo di social network talmente pervasivo da essere impiantato nella cornea, stravolgendo ogni azione quotidiana sino a conseguenze inimmaginabili.
La quarta categoria, forse quella più ampia, esamina tecnologie impossibili da realizzare (almeno si spera), come ad esempio la creazione di un coscienza identica a quella di un essere umano. Sono tendenzialmente le puntate più angoscianti, con punte particolarmente crude e disturbanti in "Black Christmas" e "Black Museum".

"Black Mirror" è divenuta, anno dopo anno, tanto iconica da fungere persino da modello di riferimento per una nuova idea di fantascienza, influenzando di conseguenza anche il cinema. Due film in particolare possono chiaramente definirsi figli diretti della poetica della serie. "Her" (2013), con un eccellente Joaquin Phoenix, è talmente vicino alla filosofia e all'estetica di "Black Mirror" da potersi quasi definire come una sua puntata lunga. Ma anche il recentissimo "Don't Look Up", esasperando gli aspetti negazionisti e complottisti emersi prepotentemente durante la pandemia, ci mostra le conseguenze nefaste che potrebbero verificarsi qualora questo pensiero antiscientifico, o potremmo dire anti-pensiero, aumentasse ancor di più la sua influenza grazie a un utilizzo dei social network sempre più pericoloso e invasivo. 
Ogni puntata ci impone di rispondere alla domanda, "cosa succederebbe se…". Una speculazione che fa il paio con un'altra frase che ormai sentiamo ripetere sempre più spesso, "sembra di stare in una puntata di Black Mirror", sintomo non soltanto di quanto la serie sia diventata un vero e proprio culto, ma anche della sua portata profetica. Di seguito, un'analisi delle sei stagioni e dei rispettivi episodi.

Prima stagione

The National Anthem

Un inizio col botto, come si suol dire. Ricattato da un misterioso rapitore, il primo ministro britannico è costretto a una scelta: avere un rapporto sessuale con un maiale in diretta tv oppure portarsi sulla coscienza l'esecuzione di una principessina particolarmente amata dall'opinione pubblica. Armato di grottesco sarcasmo e di British humor, il primo episodio in assoluto di "Black Mirror" fa di tutto per catturare l'attenzione. Presentando agli spettatori un personaggio distante da loro, ossia il premier britannico, "The National Anthem" agisce come un'esca che con l'inganno li trascinerà in un mondo di finzione, costringendoli a guardarsi dentro, a confrontarsi con il proprio rapporto morboso con la tecnologia. Una riflessione sarcastica e corrosiva sull'influenza dei media su politica e società e sui limiti dell'etica pubblica in situazioni estreme. (8,5) MC

15 Million Merits

Tipico episodio che approfondisce aspetti già presenti e ben noti nella società contemporanea. Immaginiamo i talent show nei loro aspetti più aggressivi e deleteri, enormi contenitori di giovani trasformati in carne da macello alla ricerca di inutili scorciatoie per il successo e giudici senza alcuna qualità, ma pieni di arroganza e capacità di far fruttare economicamente la loro posizione. Il talent diventa una gabbia (i protagonisti chiusi in stanze con video sempre accesi, in cui si deve pagare per poterli spegnere per pochi minuti), i partecipanti appaiono molto simili agli operai piegati di "Metropolis" o agli operai/pecore di "Tempi Moderni" (la scena dell'ascensore), mentre i giudici mostrano una spregiudicatezza senza limiti. Tutto molto simile alla realtà odierna, ma senza i filtri tipici della tv mainstream che finge di essere tutt'altro. L'unica cantante dotata di talento, potremmo dire un simbolo di una fragile purezza, viene immediatamente deturpata dalla macchina schiacciasassi dei talent e rapidamente indirizzata verso l'industria del porno, la rabbia sincera del protagonista che si ribella alle regole viene immediatamente "normalizzata" e resa "format" da vendere al pubblico per monetizzare. La speranza non trova posto nella società dello spettacolo (leggi Guy Debord), dove conta solo l'apparenza a ogni costo. Nonostante le belle intuizioni è comunque la puntata più debole della prima stagione, anche perché schiacciata da due degli episodi più iconici della serie. (6) VD

The Entire History Of You

Primo esempio di fusione di uomo e macchina. Un hard-disk posto dietro l'orecchio, collegato all'apparato visivo, riesce a registrare ogni momento della vita, dando la possibilità di essere rivisto in ogni istante. Di fronte a un'evoluzione tecnologica straordinaria (riuscire a rivedere ogni istante della propria infanzia) il quesito che si pone è se la vita sia sopportabile proprio perché gran parte di essa viene dimenticata nel nulla, rendendo possibile un pensiero continuo verso il futuro. Poter rivedere compulsivamente ogni singolo momento, avere uno sguardo perennemente rivolto al passato, rivedere ogni espressione strana o sguardo sospetto dei nostri conoscenti o della nostra fidanzata non potrebbe semplicemente aumentare a dismisura ogni tipo di disturbo ossessivo, sino alla più franca paranoia? Sicuramente sì. Ben sviluppato e avvincente dall'inizio alla fine, "The Entire History Of You" è una delle puntate più riuscite dell'intera serie. (7,5) VD

Seconda stagione

Be Right Back

In una società dove tutti sono risucchiati da telefoni e social, la coppia protagonista è divisa in due. Lui è totalmente immerso in una realtà virtuale, lei è invece molto più legata alla vita reale e si rende conto che il compagno "sta scomparendo" (cit.) e che lo smartphone è la causa. L'improvvisa scomparsa, stavolta reale, di lui crea un enorme stato di fragilità della protagonista, incapace di elaborare un lutto tanto grande. Nel mondo di "Black Mirror" c'è però la possibilità di un aiuto tecnologico, prima con un software che simula messaggi, poi un simulatore vocale, infine all'ultimo stadio un androide asimoviano. Se da una parte questo provoca un benessere momentaneo, appare ben presto chiaro che non esistono scorciatoie per lenire le sofferenze causate da eventi tanto tragici, parte inevitabile della vita umana. Il lutto e la morte fanno parte della vita e ogni tentativo di superare la sofferenza artificialmente non può che fallire. Interessante riflessione sulla morte e sul lutto, in cui ancora una volta la tecnologia non sembra essere davvero d'aiuto. (7) VD

White Bear

Uno degli episodi più ambigui e più difficili da comprendere prima della rivelazione finale. Chi è il buono e chi è il cattivo? Chi prima poteva essere ritenuto vittima diventa carnefice, per poi tornare di nuovo vittima. Impossibile districarsi in questa distopia in cui ancora una volta gli smartphone hanno fagocitato ogni singolo individuo sino a divenire un'autentica protesi relazionale. A questo si aggiunge l'assuefazione alla violenza e l'insensibilità verso il dolore altrui, associato al sadismo intrinseco della massa verso i più deboli. Nuova riflessione sul concetto di vendetta e sulla totale assenza di empatia di una società immersa nella virtualità, incapace di comprendere e razionalizzare la realtà che ha di fronte. (6,5) VD

The Waldo Moment

È sotto gli occhi di tutti l'imbarbarimento del linguaggio nella politica. Senza accusare o fare nomi e cognomi, questo aspetto è lampante sia nel nostro paese che in nazioni ben più grandi e influenti, come ad esempio Stati Uniti e Regno Unito. Facebook usato come vetrina principale per la propaganda, la calunnia e l'umiliazione pubblica del nemico divengono il metodo principale di lotta politica con l'istigazione sempre più massiccia all'odio e alla divisione. In questo futuro distopico la politica è talmente virtuale che persino un cartone animato può essere candidato alle elezioni, le urla anti-politiche giorno dopo giorno vengono condivise da masse sempre più assuefatte a un linguaggio volgare, sino a un tragico e forse prevedibile finale. Che i social network oggi possano essere un pericolo per la fragile democrazia appare chiaro. "Black Mirror" sembra avvisarci prima che sia troppo tardi. (7)  VD

White Christmas

Tra gli apici assoluti di "Black Mirror", il suo primo e unico "Christmas Special" può contare sul carisma e sulla statura attoriali di Jon Hamm ("Mad Men") per mettere in piedi quasi un'ora e un quarto di colpi di scena e angoscianti presagi da un futuro non troppo lontano. Siamo in un mondo in cui la vita è come un social network, nel quale si può venire "bloccati" da amici e partner (o a propria volta bloccarli) con l'effetto di apparire loro come un grigio coacervo di pixel ed emettere suoni non intelligibili. Ma soprattutto dove il nostro io pensante può venir estrapolato dal nostro cervello, replicato, inscatolato in una sorta di server portatile e utilizzato per governarci casa in nostra assenza, o per estorcerci una confessione. Non bastasse un contesto del genere, già di per sé terrificante, ogni elemento di questa distopia viene utilizzato per costruire un serrato thriller psicologico a scatole cinesi dove non vi sono vincitori o vinti, ma soltanto una società malata e prevaricante in ogni sua emanazione. (9) MC

Terza stagione

Nosedive

La terza stagione si apre con una delle puntate più iconiche e più chiare circa la nefasta influenza dei social network nella nostra società. Immaginiamo un social tanto potenziato da divenire un innesto corneale dove ogni nostro gesto viene continuamente giudicato positivamente o negativamente e che ogni volta porta a una media di "apprezzamento" generale visibile a tutti. Una via di mezzo tra Instagram (social più attento alle foto e all'apparenza) e Facebook (dove i giudizi sprezzanti sono la regola), in cui si può avere successo solo piacendo a tutti, cioè sopprimendo continuamente la propria personalità per essere tutti piacenti e (falsamente) simpatici, in cui l'apparenza è l'unica cosa che conta. Uno stravolgimento assoluto della natura umana, totalmente svincolata dalla realtà in un'eterna vita virtuale, che non può che portare all'infelicità. In effetti, quello che emerge più di ogni cosa è che tutti sono vittime, anche coloro che credono di essere i vincenti. Con una prova davvero notevole dell'attrice protagonista Bryce Dallas Howard, la superba colonna sonora di Max Richter e un finale a sorpresa che mostra una possibile via d'uscita da una futura distopia quasi già realizzata. (8,5) VD

Playtest

Forse l'episodio di "Black Mirror" sul gaming più inquietante e cupo di tutti. Un simpatico e squattrinato americano in giro per l'Europa accetta di fare da "cavia" per una nuova tecnologia videoludica in cambio dei quattrini per tornare a casa. Un chip impiantato dietro la sua nuca permetterà al videogioco di utilizzare le sue paure più recondite per spaventarlo a morte. L'episodio è costruito come un meta-horror che farà saltare all'unisono il suo protagonista e lo spettatore. Riuscitissima da questo punto di vista, nonché divertentissima e intrattenente, la puntata è meno calzante nel suo aspetto concettuale, risultando prevedibile e innocua nelle conclusioni e nelle conseguenze immaginate per la tecnologia messa in esame. (6,5) MC

Shut Up And Dance

Uno degli episodi più veri e concretamente possibili di tutti. Per questa ragione uno dei più spaventosi, tanto da iniziare tanti spettatori alla pratica di oscurare la webcam dei propri dispositivi. Un hacker filma attraverso la webcam del suo laptop un ragazzo intento a masturbarsi guardando del porno (che poi si scoprirà materiale pedopornografico) per poi ricattarlo e costringerlo a compiere delle azioni misteriose, da qui il titolo "Shut Up And Dance". Ubbidendo per salvare la sua reputazione, il giovane incontrerà altri personaggi ricattati per motivi similari e adescati alla stessa maniera, con i quali condividerà un'adrenalinica spirale di eventi. Filmato come un thriller a perdifiato, l'episodio è avvincente, angosciante e serba un finale beffardo come pochi. Grande idea e ancor migliore esecuzione. (8) MC

San Junipero

In quello che non stentiamo a definire uno degli episodi più radiosi della serie di Charlie Brooker, le coscienze dei defunti e delle persone in fin di vita o in stato vegetativo possono essere trasferite a San Junipero, un'assolata località digitale dove possono interagire, ma soprattutto possono ricevere le visite dei partner ancora in vita. A San Junipero il sole splende forte, i vestiti sono meravigliosi e gli ospiti possono decidere di quale decennio la località debba assumere i connotati - questo escamotage, in particolare, rende possibile una scenografia cangiante e splendidamente retromaniaca. Se da una parte, pur con i suoi momenti drammatici, si tratta di uno degli episodi meno angoscianti e più positivi della serie, dall'altra pone un ambiguo e inestricabile dilemma morale. A fronte di questa possibilità, cosa è giusto che faccia chi rimane? Rifarsi una vita sarebbe giusto o no? (9) MC

Men Against Fire

Come sarà la guerra nel futuro? Domanda legittima per uno degli aspetti umani più deleteri, cioè l'incapacità umana di limitare la propria violenza. Se in passato la guerra è cambiata continuamente in seguito alle scoperte scientifiche, all'aumento della potenza delle armi utilizzate, la guerra non ha mai modificato il suo impatto psicologico devastante verso i reduci. Milioni di soldati sopravvissuti in tutte le guerre, soprattutto quelle moderne dalla Grande Guerra alla Guerra del Vietnam o alla Guerra del Golfo, che si vedono preclusa la possibilità di una reintegrazione nella società. Si può quindi uccidere senza provare alcun senso di colpa, potendo tornare a una vita normale senza limitazioni? La tecnologia di "Black Mirror" farebbe pensare di sì, ma ovviamente il prezzo da pagare, forse, è persino più alto. (6,5) VD

Hated In The Nation

Se c'è un episodio di "Black Mirror" deputato a esemplificare la grandeur della messinscena di Brooker, capace dunque di dimostrare quanto la serie sia sofisticata non soltanto nel messaggio ma anche nella costruzione dei veicoli, è senza dubbio "Hated In The Nation". Giocando sia con gli stereotipi del poliziesco che con quelli dello sci-fi tecnologico, l'episodio ci guida in un futuro non troppo lontano dove un misterioso hacker si serve di api drone (create per sostituire le vere api, ormai estinte, per impollinare le coltivazioni) per giustiziare personaggi pubblici messi alla gogna sui social network. Forte anche di un plot twist sconcertante, la puntata è praticamente un film (dura peraltro un'ora e un quarto) che non avrebbe sfigurato al cinema. (8) MC

Quarta stagione

USS Callister

Un timido scrittore di codici per videogiochi viene vessato ogni giorno dal suo socio e dai suoi dipendenti. Quello che questi ultimi non sanno è che il programmatore tiene prigioniero un alter ego digitale (ma perfettamente senziente) di ciascuno di essi in una versione privata e personalizzata del suo videogioco di successo. Qui le repliche sono obbligate a fare parte della sua flotta spaziale, a impersonare i suoi nemici, o peggio ancora dei "ragnoni" giganti e sbavanti. Un Jesse Plemons letteralmente enorme in entrambe le incarnazioni del suo personaggio, quella reale e timida e quella digitale e tirannica, è l'onnipotente nemico di uno degli episodi più divertenti, più imprevedibili, meglio scritti e visivamente riusciti (da questo punto di vista "USS Callister" è un vero e proprio omaggio a "Star Trek") dell'intera serie. L'episodio presenta inoltre una sorta di lieto fine, perlomeno per quanto riguarda il desiderio di vendetta e sovversione dei suoi protagonisti, ma gli scenari videoludici che preconizza sono fortemente destabilizzanti. (8,5) MC

Arkangel

Jodie Foster dirige un episodio plumbeo e tutto al femminile che specula sulla possibilità di controllare il prossimo. Spaventata dalla temporanea sparizione della figlioletta, una madre sola decide di installare Arkangel nel cervello della piccola, un dispositivo che non solo le permette di geolocalizzare la piccola, ma anche di vedere attraverso i suoi occhi e di controllare i suoi livelli di adrenalina, endorfine e di altri indicatori del suo stato psico-fisico. Nonostante il ritiro del software dal commercio e la sua stessa decisione di garantire privacy alla figlia, spaventata da nuove circostanze dovute alla crescita della ragazza, la madre continuerà a utilizzare il sistema, innescando una brutale spirale di eventi dovuti alla sua ingerenza sempre più devastante nella vita della giovane donna. Un finale gelido e la spietatezza della sceneggiatura di Brooker fanno dell'episodio uno dei più ficcanti e cupamente realistici della serie. (7,5) MC

Crocodile

Mediante una tecnologia non dissimile da quella ipotizzata nell'episodio precedente, le compagnie di assicurazione sono in grado di utilizzare la memoria visiva dei testimoni per verificare la responsabilità dei sinistri e questi ultimi non possono sottrarsi, per legge, alla scansione dei propri ricordi. Rastrellando la memoria di una giovane donna e madre, l'assicuratrice si ritroverà a sapere più di quanto necessiti, ritrovandosi così nella consueta e nefasta spirale di eventi comune a molti degli episodi più adrenalinici della serie. Meno originale di altri episodi nell'analizzare la possibilità delle future tecnologie di sfruttare la memoria umana, l'episodio è molto convincente invece dal punto di vista narrativo che vede due storyline viaggiare parallele fino a incrociarsi e a generare uno scontro fatale. Il regista è John Hillcoat, l'autore di "The Road", forse il film definitivo sul tema dell'apocalisse. (7,5) MC

Hang The DJ

Si tratta insieme a San Junipero di uno degli episodi meno pessimistici di "Black Mirror". In questa puntata della serie che mutua il suo nome dal capolavoro musicale degli Smiths, uno dei famosi algoritmi che regolano i social media che popoliamo ogni giorno va un pochino oltre. Da esso dipendono infatti partner e durata dell'incontro (si va da pochi minuti ad anni) di una app deputata a trovarci il partner perfetto. La danza messa in atto da "Hang The Dj" riguarda una coppia che stando alla app non ha le carte in regola per sussistere, ma che non è dello stesso avviso della tecnologia. A venir messa alla berlina dall'episodio non è tanto la tendenza dell'uomo contemporaneo a utilizzare app di dating, come potrebbe apparire a una prima superficiale interpretazione, quanto la fallibilità delle filter bubble, che ci precludono ogni giorno una vasta quantità di probabilità. (8) MC

Metalhead

Nuova puntata sul tema della guerra, fondamentalmente un'evoluzione spietata di "Men Against Fire" della terza stagione. Se quest'ultima puntava sulla limitazione dei danni psicologici dei soldati, "Metalhead" immagina invece una guerra dove ogni problema relativo alla psicologia umana è risolto in quanto gli essere umani sono interamente sostituiti da robot, in questo caso dei piccoli soldati a quattro zampe chiamati "cani", programmati per uccidere ogni essere vivente capiti loro di fronte. La cruda riflessione sulle possibilità teoriche dell'avanzamento tecnologico nel campo militare si manifesta in una puntata in bianco e nero cupa e ossessiva, priva di ogni possibile riscatto. Arricchito dalla colonna sonora del compositore Krzysztof Penderecki, "Metalhead" fa riflettere su quanto la crescente disumanizzazione possa portare a nuovi scenari apocalittici. (6,5) VD

Black Museum

Come spesso succede, l'ultima puntata di una stagione di "Black Mirror" è quella più estrema e disturbante. Un episodio diviso in tre storie che spaziano dal masochismo più efferato all'angoscia di una tecnologia che porta a una sofferenza senza limiti temporali (la copia di una coscienza umana immortale) sino alla vendetta più spietata. Elaborazione del concetto di riproduzione di una coscienza identica a quella di un essere umano, che aveva già visto il suo vertice nella storica puntata natalizia, "Black Museum" raggiunge un'apoteosi di crudeltà e allo stesso di indifferenza verso il dolore altrui difficilmente immaginabile. Ogni coscienza di ogni essere umano può essere riprodotta con facilità, tutto è vendibile a poco prezzo senza alcuno scrupolo morale. Dal chirurgo masochista all'impianto cerebrale della coscienza della propria moglie defunta, sino all'agonia infinita del condannato a morte, c'è davvero poco che faccia venire voglia di vivere un futuro tanto nero. (7) VD

Bandersnatch

Le premesse di un episodio interattivo di "Black Mirror" erano quantomeno elettrizzanti, poiché la serie avrebbe potuto in qualche modo mettere in atto alcune delle sue teorie, specie di quelle riguardanti i numerosi episodi sul gaming. Permettere allo spettatore di effettuare delle scelte e dunque coinvolgerlo nella messa in atto di un'oscura profezia. Purtroppo "Bandersnatch" non è né più né meno che una storia a bivi di quelle che leggevamo su Topolino negli anni 90 e, oltre una riuscita estetica anni 80 e qualche citazione in bilico tra Lewis Carroll e i vecchi videogame di quegli anni, ha ben poco da offrire (4,5). MC

Quinta stagione

Striking Vipers

Al contrario di altri episodi di "Black Mirror" sul gaming, i quali ci portano decisamente in avanti nel futuro, "Striking Vipers" prende il nome da un picchiaduro online non troppo lontano dal coinvolgimento garantito da alcuni dei migliori videogame di genere odierni. Due amici di vecchia data si incontrano spesso nel videogioco e un giorno, dopo un duello, finiscono col far avere un incontro sessuale ai propri avatar. Quando la cosa diventa un'abitudine, con l'aspetto grottesco accentuato dall'utilizzo di avatar di differenti specie e genere, i due uomini iniziano ad avere problemi con i relativi partner e a mettere in dubbio la propria sessualità. Intento a suscitare una riflessione sulla maggiore sincerità o meno dei nostri alter ego virtuali, l'episodio stride nella suo eccessivo afflato farsesco e non colpisce come vorrebbe. (5) MC

Smithereens

I social network così come li conosciamo, senza bisogno da parte di Brooker di alterarne alcun lato negativo, limitandosi quindi a mostrarne la crudele efficacia, fanno da sfondo all'unico episodio davvero meritevole dell'ultima stagione di "Black Mirror". "Smithereens", che prende il nome da una specie di equivalente di finzione di Facebook, mette in scena le disperate gesta di un rapitore armato e ossessionato, per motivi inizialmente ignoti, dall'azienda e deciso a mettersi in contatto con il suo fondatore. Mostruosamente preciso nel raffigurare la portata di quanto investiamo ogni giorno (in termini di informazioni fornite e di tempo dedicato) nei social media quanto nell'utilizzarlo per costruire un racconto coinvolgente, l'episodio è drammatico, teso e toccante. Oltre che cinico e spietato quando si tratta di puntare il dito contro il capitalismo, al quale soccombono gli stessi capitalisti, incapaci di fermare le meccaniche infernali che loro stessi hanno messo in moto. (8) MC

Rachel, Jack And Ashley Too

Ovvero l'episodio con Miley Cyrus, chiamata a interpretare una superstar della musica pop sfruttata da famiglia e casa discografica sin da bimba - ossia un po' quello che è successo a lei stessa, quasi forgiata nei laboratori Disney ai tempi di "Hannah Montana". Ovviamente in "Black Mirror" le cose vanno un po' più in là e una perfida zia arriva a tenere la cantante in stato di incoscienza per poter estrarre dai suoi sogni nuove hit. Una giovane fan e sua sorella aiuteranno una bambolina ispirata alla cantante, e contenente parte della sua coscienza morigerata da filtri, a salvarla dai suoi carcerieri in un episodio avventuroso, cartoonesco e inusitatamente ottimista. Probabilmente l'episodio più criticato di "Black Mirror" in assoluto, e probabilmente perché si discosta dai soliti cupi canoni, è in realtà un divertissement grazioso e divertente dal primo all'ultimo minuto. (6,5) MC

Sesta Stagione

Joan Is Awful

Dopo una quinta stagione che è probabilmente il punto più basso mai toccato da “Black Mirror”, per la sesta sortita della sua creatura Charlie Brooker ha deciso di puntare su diverse novità. Su tutte, spiccano una ancora più accentuata ironia, un tono meno serioso e, almeno a tratti, il distacco dalle consuete riflessioni sulle conseguenze dello sviluppo tecnologico. Quest’ultimo aspetto è forse frutto del fatto che, a ben undici anni dalla prima puntata della serie britannica, molte delle sue profezie si sono avverate.
Il bersaglio della, divertentissima, prima puntata della sesta stagione di “Black Mirror” sono le piattaforme streaming con i loro algoritmi fatti per intercettare i gusti degli spettatori e la facilità e la pigrizia con cui gli user, di queste e di altre piattaforme, accettano cookies e informative di ogni sorta, vendendo di fatto le proprie abitudini a terzi. Così, un bel giorno, Joan si ritrova a essere la protagonista di una serie di Streamberry (la sua piattaforma streaming preferita che ricalca auto-ironicamente grafica e suoni della stessa Netflix) che svela a tutti, attraverso l’interpretazione ricca di esagerazioni di Salma Hayek, tutte le sue marachelle. Al netto di un finale autoreferenziale e bulimico nella maniera in cui ripropone numerosi canoni brookeriani, si ride di gusto e si rimane incollati allo schermo come con “Black Mirror” non succedeva da tempo. (7) MC

Loch Henry

La sesta stagione di Black Mirror ha la bizzarra caratteristica di snaturare in parte quelle che erano sempre state le coordinate basilari di tutta la serie fin dagli esordi. Loch Henry è la prima puntata in cui le conseguenze delle tecnologie portata all'estremo passano in secondo piano (per essere appena recuperate nel finale) per dar vita a una (pur ottima) puntata horror. Due giovani fidanzati si recano a casa dei genitori di lui per registrare un documentario. Ma le sorprese saranno sorprendenti e totalmente inattese, sino a un finale davvero carico di tensione. Dopo metà puntata non si può non pensare di stare guardando una nuova stagione di “American Horror Story” e non “Black Mirror”, anche se il finale spinge sulla possibile deriva del pubblico Tv ogni giorno più attratto dalle sempre più macabre storie di cronaca nera, perdendo ogni legame empatico con le vittime. Ma nonostante la divagazione dal consueto tema principale, forse persino un piccolo tradimento della propria missione narrativa, la visione è di certo appagante. (6,5) VD

Beyond The Sea

Stavolta siamo in pieno territorio Black Mirror. In un passato alternativo, degli anni ‘70 riconoscibili dalle auto d’epoca e dai fanatici in stile Charles Manson, gli astronauti potranno tornare facilmente nelle loro case, grazie alla consueta protesi cerebrale presente in varie puntate della serie, applicata in questo caso a un robot asimoviano dalle sembianze ormai indistinguibili da quelle di un essere umano. Di giorno si lavora nella base spaziale, ma quando si termina il lavoro si può tornare dalla propria famiglia e non soffrire della solitudine dello spazio. Tutto apparentemente bellissimo, ma come sa chi conosce gli stratagemmi narrativi di Black Mirror, l’inganno è dietro l’angolo e la tecnologia non può celare all'infinito gli aspetti più violenti e animalesche insiti negli esseri umani (gelosia, invidia, violenza). Ottime le prove dei due protagonisti Aaron Paul e Josh Hartnett. (7) VD

Mazey Day

Quella che da molti verrà ricordata soltanto come la puntata di “Black Mirror” con il rating di IMDB più basso di sempre è in realtà uno degli episodi più ficcanti della storia recente del serial. Pur estemporaneo, il plot twist che a base di mannarismo che ha fatto storcere il naso a molti è un espediente invero efficace e capace di catturare l’attenzione, che poi Brooker dirotta con maestria verso l’assuefazione dal gossip della società moderna e la pornografia del dolore messa in atto dall’informazione contemporanea. Anche qui la tecnologia è quasi assente, tuttavia obiettivi e lenti dei paparazzi, a loro modo schermi distorcenti e catturanti alla stregua di quelli televisivi e telematici, la fanno da padroni e assordano con i click infernali delle loro instancabili meccaniche. (6,5) MC

Demon 79

Anche Demon 79 è una puntata abbastanza lontana dalle consuete coordinate di Black Mirror, totalmente priva di ogni legame con la tecnologia moderna, tanto da essere ambientata nel 1979 e apparentata dai titoli di testa a una serie differente, intitolata “Red Mirror”. Una giovane commessa di origini indiane vive in una Londra segnata dal razzismo verso gli stranieri e ha continui pensieri (mai realizzati) di riscatto e ribellione. L'apparizione di un demone cambierà la sua vita di reietta della società e la farà diventare l’unica speranza per salvare il mondo dall'apocalisse. Tendenzialmente un nuovo horror, immaginabile come un incontro di una puntata di “Ai confini della realtà” aggiornata al 2023 e “La zona morta” di David Cronenberg (evitare una nuova guerra mondiale che sarà causata da un ancora giovane politico razzista e nazionalista britannico). Interessante in vari momenti, nel complesso non funziona come vorrebbe e non sembra di certo memorabile. (5,5) VD

Black Mirror
Informazioni

titolo:
Black Mirror

titolo originale:
Black Mirror

canale originale:
Channel 4

canale italiano:
Netflix

creatore:
Charlie Brooker

produttori esecutivi:
Charlie Brooker

cast:

Rory Kinnear, Lindsay Duncan, Daniel Kaluuya, Jessica Brown Findlay, Rupert Everett, Toby Kebbell, Jodie Whittaker, Hayley Atwell, Domhnall Gleeson, Lenora Crichlow, Michael Smiley, Daniel Rigby, Chloe Pirrie, Jason Flemyng, Jon Hamm, Rafe Spall, Oona Chaplin, Natalia Tena, Bryce Dallas Howard, Alice Eve, Cherry Jones, James Norton, Wyatt Russell, Hannah John-Kamen, Wunmi Mosaku, Ken Yamamura, Alex Lawther, Jerome Flynn, Gugu Mbatha-Raw, Mackenzie Davis, Malachi Kirby, Madeline Brewer, Ariane Labed, Sarah Snook,
Michael Kelly, Kelly Macdonald, Faye Marsay, Benedict Wong, Jesse Plemons, Cristin Milioti, Jimmi Simpson, Michaela Coel, Billy Magnussen, Rosemarie DeWitt, Brenna Harding, Owen Teague, Andrea Riseborough, Kiran Sonia Sawar, Andrew Gower, Anthony Welsh, Claire Rushbrook, Georgina Campbell, Joe Cole, Maxine Peake, Douglas Hodge, Letitia Michelle Wright, Fionn Whitehead, Will Poulter, Craig Parkinson, Alice Lowe, Asim Chaudhry, Anthony Mackie, Yahya Abdul-Mateen II, Andrew Scott, Damson Idris, Topher Grace, Miley Cyrus

anni:
2011-2019