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recensione di Alberto Mazzoni
7.5/10

"Vice" ovvero il secondo episodio della carriera politica di Adam McKay, dopo "La grande scommessa" - una delle più belle scoperte degli ultimi anni e uno dei migliori film sulla crisi del 2008. Il regista conferma il proprio stile, fornendoci un altro film urticante che usa la satira non come un fine, ma come un mezzo per veicolare informazioni e posizioni politiche, e basandosi nuovamente su uno stile di ripresa e soprattutto di montaggio molto libero, pronto a usare ogni mezzo necessario.

Dick Cheney è uno degli uomini più potenti della recente storia americana, e questo è indubitabilmente un film coraggioso per come lo attacca frontalmente e in profondità, ma con stile, riuscendo, grazie alla solita interpretazione mastodontica di Christian Bale e al focus sulle relazioni con le donne della famiglia, a dare il ritratto di un uomo e non di un'icona.  Se vogliamo cercare un equivalente italiano dobbiamo pensare più alla marcatura a uomo di "Il Divo" che a quella a zona (e volutamente poco aggressiva) di "Loro". Ma come stile registico siamo veramente agli antipodi, con una successione di cut quasi subliminali al posto degli ampi movimenti di macchina di Sorrentino, con il rumore e la furia al posto della bellezza. Per finire con i paragoni, va anche riconosciuto che McKay non ha paura di fare nomi e cognomi delle imprese che hanno fatto affari con Cheney - oltre alla Halliburton, i fratelli Koch, la Exxon, la Fox - mentre in Italia su questo versante siamo, chissà come mai, sempre più reticenti...

Bale, dicevamo, regala un'interpretazione da ricordare. Non fermatevi alla mostruosa trasformazione fisica (ma dopo questo film riguardatevi "L'uomo senza sonno"), quello che rende veramente grande Bale sono i movimenti degli occhi, della testa, della bocca, la loro evoluzione nel tempo, che ti danno la sensazione di conoscere bene Cheney, di averlo familiare. Steve Carell è efficace nel rappresentare la folle arroganza di un paese attraverso la folle arroganza di Donald Rumsfeld (un altro per cui c'è già pronto un bel posto all'inferno, se esiste), mentre Amy Adams è l'unica costretta in un ruolo un po' stereotipato. Menzione speciale per il minuscolo ma geniale ruolo della sempre bravissibellissima Naomi Watts.

Il montaggio regna, questo lo abbiamo detto, che sia l'alternarsi del volto "esterno" e di quello "interno" di Cheney durante la seconda conversazione con George Bush Jr. o l'alternarsi della prima conversazione con un'eloquente scena di pesca. Molte scene sono spezzate nel tempo, vissute e poi ricordate o analizzate in più momenti per capirne meglio l'evoluzione. Altre scene sono ripetute per essere rilette alla luce degli eventi che sono seguiti, che magari hanno causato. Il tutto non genera confusione, anzi al contempo tiene alta l'attenzione e riflette meglio di un montaggio lineare le complicate evoluzioni della vita e della storia.
Ma un altro sfoggio di tecnica McKay ce lo dà nel passaggio attraverso gli schermi video. In un modo in un certo senso complementare alla riflessione condotta da Larrain in "No" e "Jackie", ci vengono mostrati alcuni momenti, sia dal punto di vista interno alla scena sia da quello filtrato dallo schermo (televisione, teleconferenza etc.), non utilizzando filmati d'archivio ma sporcando l'immagine presente. Ciò che viene selezionato per il pubblico, ciò che viene fatto apparire è sempre una versione grossolana della realtà, si accede alla realtà attraverso l'elaborazione critica, non guardando i dati grezzi. Ed è proprio quando si collegano gli eventi che si soffre riflettendo sui 600.000 civili iracheni morti durante la guerra (fonte: Lancet) pur di realizzare l'auspicata spartizione dei pozzi petroliferi o sulla distorsione della realtà testata su focus group di cavie e rilanciata a tappeto su tutti i media, al fine di sollevare i super-ricchi dalla tassa di successione o dalle responsabilità climatiche. 

L'unico difetto macroscopico di "Vice" sta forse nel confronto con uno specifico aspetto del film precedente di McKay: la capacità d'intrattenere. "Vice" è un film forse più bello cinematograficamente de "La grande scommessa", ma un po' meno divertente/appassionante. La rottura del quarto muro era più efficace in tal senso della voce off - anche se la sottostoria di quest'ultima è fantastica - e mancano a "Vice" gli inserti veramente folli, come quelli di Margot Robbie e compagnia. O forse il trucco era la presenza di persone più a portata di mano ne "La grande scommessa" che come al solito fungevano da ponte tra spettatori e film grazie all'immedesimazione. L'incipit di "Vice" pone con forza e arguzia il problema di convincere ad approfondire temi politici una popolazione che "lavora sempre più ore per guadagnare sempre meno", ma la mid-credit scene, un po' deprimente, sembra piuttosto propensa ad arrendersi... Non lo fare McKay! Abbiamo bisogno di film così! Il regista ha acquisito i diritti del libro "Bad Blood: Secrets and lies in a Silicon Valley Startup" che racconta la storia della startup biomedica Theranos, che si era guadagnata 9 miliardi di finanziamenti e le lodi di Forbes, prima che si scoprisse che nessuna delle millantate scoperte scientifiche erano reali. Non vediamo l'ora.


06/01/2019

Cast e credits

cast:
Christian Bale, Sam Rockwell, Amy Adams, Steve Carell


regia:
Adam McKay


distribuzione:
Eagle Pictures


durata:
132'


produzione:
Plan B


sceneggiatura:
Adam McKay


fotografia:
Gerig Fraser


montaggio:
HankCorwin


musiche:
Nicholas Britell


Trama
Nel giro di pochi anni il vicepresidente Dick Cheney dichiara due guerre, piega a suo favore la costituzione degli Stati Uniti, aiuta a scapito dei cittadini le aziende che lo pagano milioni di dollari e supporta i combustibili fossili. Come ha fatto ad arrivare così in alto e combinare tanti danni un ragazzo col vizio del bere espulso da Yale?